lunedì 31 marzo 2014

City Act, via le briglie a Milano

Articolo di Pietro Bussolati, segretario PD dell'area metropolitana milanese, pubblicato da Europa.


I sindaci governeranno il mondo. È la suggestiva provocazione lanciata da Benjamin R. Barber, professore e politologo americano, che, nel suo ultimo libro, ipotizza un mondo governato in una logica bottom-up, che parte dalle domande dei cittadini e dall’istituzione di un parlamento mondiale delle città. Questa proposta, certamente visionaria, ci è di stimolo per ricercare nuovi modelli di governance, più vicini ai bisogni di tutte quelle istanze civiche che ripongono nei sindaci, e nelle amministrazioni locali, forti aspettative di cambiamento.
L’Europa individua le aree metropolitane quali principali motori di sviluppo che, grazie ai mutamenti economici, sociali ed istituzionali in corso, potranno avere un ruolo decisivo nel delineare una nuova prospettiva per il rilancio delle economie locali. Come spiega anche Enrico Moretti, professore di economia a Berkley, nel suo testo La nuova geografia del lavoro, alcuni fattori quali formazione, conoscenza e sviluppo di città hi-tech ad altissima conoscenza possono rappresentare la via maestra per superare la crisi puntando su «ingegno, iniziativa, capitale umano, ecosistema produttivo».
In Italia delle dieci neonate Città metropolitane solo Milano e Napoli (Roma ha una legislazione già differente) possono ambire ad essere territorio di sperimentazione concreta di queste tesi. Milano in particolare ha la vocazione nazionale e le caratteristiche per essere una delle aree innovative di trazione economica dell’Italia. In questo senso Expo ci permette di riflettere sul ruolo di Milano nel mondo, un’occasione per elaborare una prospettiva di sviluppo metropolitano di lungo periodo, che sia anche un’agenda di lavoro per tutte le forze riformiste della città.
Il Partito democratico metropolitano di Milano vuole farsi promotore di questa sfida: vogliamo individuare una visione supportata da obiettivi strategici attraverso un documento di indirizzo politico, un City Act. Fiscalità locale, commercio, turismo, pianificazione territoriale, messa in rete del sistema universitario, semplificazione amministrativa sono solo alcuni dei temi affrontati nel documento, che sarà poi la base per svilupparli sia con proposte di natura locale che con provvedimenti legislativi nazionali.
Il City Act significa dotare le Città metropolitane più importanti delle competenze delle Regioni, favorendo il controllo dei cittadini, sperimentare con coraggio pratiche di innovazione amministrativa (burocrazia e digitalizzazione), pensare ad una proposta programmatica che consenta di anticipare i cambiamenti, discutere di visione e vocazione innovative per la nostra metropoli e che, partendo dai poteri in capo al Commissario straordinario, possa contribuire a declinare le competenze in capo al futuro sindaco metropolitano e a pensare al dopo Expo come occasione di rilancio economico.
A questo riguardo, una delle proposte del documento intende, mantenendo legami economici con i paesi in via di sviluppo, istituire aree a burocrazia e tassazione zero al fine di attrarre attività d’impresa innovative, in grado di rilanciare Milano come hub internazionale del mercato italiano.
Ieri sera abbiamo presentato le linee guida del City Act a Milano, con esponenti di governo e del partito nazionale, proponendo una visione di città metropolitana che, arricchita da nuove autonomie e competenze, anche in assenza di ulteriori fondi statali, sia in grado di avviare una nuova stagione di rinascimento ambrosiano e quindi di rilancio dell’Italia.
Il City Act come sfida politica per togliere le briglie a Milano per far crescere l’Italia, come avvio di un percorso, guidato dall’amministrazione, di coinvolgimento con le migliori energie e conoscenze della città per dare ancora più forza territoriale al progetto restituendo al Partito democratico un ruolo decisivo, in forza delle proprie idee e proposte, di impulso strategico rispetto alle sfide che Milano sarà chiamata ad affrontare nei prossimi anni.

domenica 30 marzo 2014

Case popolari ai Comuni: un progetto politico nazionale

Articolo di Emilio Vimercati per Arcipelago Milano.

Lo spirito umanitario sociale che favorì la creazione degli Iacp, Istituti Autonomi Case Popolari, si è perso nel tempo. La legge n. 251 del 31 maggio 1903 di iniziativa del veneziano Onorevole Luigi Luzzatti, appartenente alla destra storica, presidente del consiglio e più volte ministro, ideatore delle Banche Popolari, rispondeva a principi di solidarietà e giustizia sociale e interveniva nel sistema delle abitazioni avendo come obbiettivo il bene casa senza un interesse economico volto al profitto. Lo sviluppo degli Istituti che ne è seguito dovette affrontare il nuovo scenario demografico, economico e sociale di quel periodo: Milano, ad esempio, in poco meno di 40 anni passò da 186.000 abitanti del 1860 agli oltre 400.000 dei primi anni del novecento; lo spopolamento delle campagne accompagnò il bisogno di mano d’opera nelle zone industrializzate del nord consumando suolo e ingrossando le periferie di casermoni popolari, le coree si dirà nel secondo dopoguerra. La funzione degli Iacp intesa a risolvere le domande di case dei ceti meno abbienti diventerà un appetitoso potere politico da maneggiare e i partiti, in particolare per trent’anni la Democrazia Cristiana e poi il Partito Socialista, ne faranno un feudo elettorale e clientelare sia nei confronti degli assegnatari sia dell’apparato burocratico, con la complicità un po’ di tutti volta a distribuire equamente alloggi e posti.
Come si impone oggi nelle istituzioni la semplificazione delle sedi decisionali, via il Senato e via le Province, diminuzione dei componenti le assemblee, occorre accorciare la filiera degli organi che si occupano di edilizia pubblica conferendo direttamente in capo ai Comuni gestione e titolarità dei patrimoni eliminando i carrozzoni mantenuti in vita solo per rimuovere e scaricare i fastidi. In sintesi: le Regioni dettano le regole, i Comuni assegnano, le Aziende gestiscono, una tri ripartizione anacronistica che non può funzionare e infatti non funziona: difficoltà di rapporti, competenze disarticolate, interessi separati, autonomia e conservazione, con gli inquilini che per un reclamo sono sballottati da un ufficio all’altro.
Con poche righe contenute nelle tante leggi degli anni ’90, il patrimonio degli Iacp, divenuti Aziende, fu trasferito in capo alle Regioni avendo in più i poteri della riforma del titolo V della Costituzione. È ora confacente decidere di conferire detti patrimoni ai Comuni rimettendo nella loro potestà le decisioni che riguardano i requisiti di assegnazione, i limiti di reddito per l’accesso, la determinazione dei canoni e altro, secondo il principio non faccia la comunità maggiore ciò che può fare o che è naturale faccia la comunità minore. Altresì secondo il principio di sussidiarietà fra Unione Europea e Stati membri, l’attribuzione delle competenze amministrative e delle relative responsabilità deve far capo all’autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini, principio di prevalenza che privilegia la centralità dei Comuni.
Esempio: qual è il problema se per un alloggio pubblico del Monferrato quella comunità decide che l’inquilino versi cento euro al mese e che per un pari alloggio in Oltrepò ne paghi centodieci o novanta, fa scandalo? Decidano i Comuni secondo una equa logica socioeconomica territoriale. O lo devono decidere le Regioni? I Comuni non devono fuggire dal problema ma farsi carico di salvare e non vendere il patrimonio pubblico. Non mancano gli esempi nei paesi del nord Europa dove il settore delle case popolari comunque gestito fa sempre capo ai Comuni stimolati a competere con la cooperazione nel proporre quartieri modello.
Per le Regioni il patrimonio di edilizia residenziale pubblica è un mezzo di potere: ecco perché concentrano. Il conferimento ai Comuni della titolarità dei quartieri popolari significa peraltro una più complessiva e diretta capacità progettuale, di programmazione e d’intervento per la riqualificazione delle periferie urbane. Esempio: io Comune decido di riprogettare il tal quartiere, che è della Regione, gestito dall’Azienda: che senso ha? Alle Regioni resti il compito innanzitutto di ripianare i deficit delle Aziende, poi di stanziare le risorse per nuove opere e vigilare sull’attuazione dei programmi: per far questo non è necessario disporre del patrimonio. Si conviene che una tale riforma avvenga in modo graduale, tutelando i dipendenti. L’importante è gettare il seme di un rinnovamento avendo chiaro l’obbiettivo finale rivolto a una migliore efficienza della gestione che ora evidenzia un crescendo di insoddisfazione degli inquilini per la non brillante qualità dei servizi oltre che elevati deficit di bilancio simbolo di una esperienza fallita, superata e della necessità di cambiare sistema con una vera sostanziale riforma tornando a perseguire lo scopo sociale delle case popolari.

sabato 29 marzo 2014

Romano Prodi: "Il Pd di Renzi è l'unico partito vivo, giusta la battaglia contro i no tedeschi"

Segnaliamo l'intervista a Romano Prodi pubblicata da La Repubblica.

L'ex premier dice di sentirsi "un uomo felice", si chiama fuori dalla futura corsa per il Quirinale e promuove Matteo Renzi. "È la grande aspettativa di rinnovamento, ma non deve deluderla, de- ve fare in fretta ma deve soprattutto fare bene". A partire dalla battaglia che sta conducendo in Europa: "Noi dobbiamo onorare il fiscal compact, ma non possiamo accettare che ci leghino le gambe e poi ci chiedano di correre.
Se oggi, per rispettare il tetto magico del 3 per cento, ci preoccupiamo solo di comprimere il deficit e non di far crescere il Pil, ci suicidiamo". Le colpe sono un po' di tutti: "Chi ha sentito più parlare della Commissione Ue?". Il virus antieuropeista però preoccupa: "Solo la Germania ne è immune perché la Merkel ha difeso gli interessi nazionali ed è diventata la padrona d'Europa"

Presidente Prodi, in Europa i popoli voltano le spalle ai governi. Come dice Bauman, i palazzi della politica sono vuoti, perché il vero potere è altrove, dai mercati alle banche. Cosa sta succedendo?
"Con una diagnosi semplicistica, si potrebbe dire che la ripresa mondiale è lenta, e in Europa è ancora più lenta. In realtà il male europeo è molto più complesso. Non c'è un solo cambiamento nella storia dell'umanità che veda l'Europa protagonista. Prenda la crisi ucraina: Putin chiama Obama, anche se gli Usa non c'entrano nulla. Ma vale la famosa domanda di Kissinger: qual è il numero di telefono dell'Europa? Nessuno lo sa. Nel frattempo, l'Europa è dominata dalla paura, dagli egoismi nazionali. Ogni leader europeo guarda alle prossime elezioni, non alle prossime generazioni".

Risultato: vincono gli anti-europeisti, come nella Francia di Marine Le Pen.
"Il virus francese mi preoccupa, ma non mi sorprende. Solo la Germania è immune, perché la Merkel ha difeso soprattutto gli interessi tedeschi ed è diventata la padrona d'Europa. Ma è assurdo che un Paese con un surplus commerciale di 280 miliardi, un'inflazione zero e un modesto tasso di crescita, si rifiuti di reflazionare la sua economia, e di consentire che l'Europa faccia altrettanto, solo perché questo verrebbe vissuto dai tedeschi come una 'elemosinà a favore dei pigri meridionali".
E non è così?
"Ovviamente no. Ma qui sta anche la responsabilità di noi "latinos". Non siamo in grado di esprimere un progetto politico unitario e condiviso non "contro" la Germania, ma a favore dello sviluppo e del lavoro. Su questo non vedo proposte concrete, né in Italia né altrove. Il modello sono gli Usa, che hanno iniettato nel sistema 800 miliardi di dollari in un colpo solo. Ci vorrebbe un po' di sano keynesismo...".
Dovremmo riscrivere i Trattati europei, smontando i famosi parametri che proprio lei una volta definì "stupidi"?
"Non ho mai pensato che si debbano rivedere i parametri. Li ho definiti 'stupidi', nel senso che vanno sempre tarati sui cicli dell'economia. E' chiaro che se oggi, per rispettare il 'tetto magicò del 3%, ci preoccupiamo solo di comprimere il deficit e non di far crescere il Pil, ci suicidiamo. In periodi di crisi servono politiche espansive dal lato della domanda. E' questo che l'Europa non fa. Dovrebbe mutualizzare i debiti pubblici e lanciare gli eurobond, ristabilire lo spirito solidaristico che a fine anni '90 ci consentì di azzerare gli spread, rafforzare le sue istituzioni rappresentative. La Bce, per quanto faccia, non potrà mai sostituirsi al Consiglio europeo. E mi dica, ha più sentito parlare della Commissione Ue?".
Grillo urla: usciamo dall'euro. Che effetto le fa, da "padre fondatore" della moneta unica?
"Questo è un Paese senza memoria. Usciamo dall'euro, facciamo come l'Argentina: follie. Dal giorno dopo avremmo Btp svalutati del 40%, tassi di interesse al 30%, Stato al collasso, banche fallite, dazi contro le nostre merci anche da parte dei paesi europei. Qualche anima bella obietta: avremmo le svalutazioni competitive! Altra follia. Una bilancia commerciale in attivo dello 0,6% del Pil è la prova che ai nostri imprenditori, non certo tutti pigri e poco competitivi, quello che oggi serve non sono le svalutazioni competitive, ma un rilancio della domanda e dei consumi interni, accompagnato da una drastica semplificazione delle regole e dalla ripresa della lotta all'evasione fiscale".
Renzi e Padoan hanno ragione a chiedere all'Europa di "cambiare verso"?
"Noi dobbiamo onorare i nostri impegni, compreso il Fiscal Compact. Ma dobbiamo pretendere dall'Europa politiche che ci consentano di rispettarli facendo ripartire l'economia. Non possiamo accettare che ci si leghino le gambe, e poi ci si chieda anche di correre. Serve un lungo e paziente dialogo, con tutti i nostri partner".
Crescita e lavoro ormai sono un mantra. Ma precariato e disoccupazione sono la malattia mortale dell'Occidente.
"Sono i temi che mi angosciano di più. A differenza delle rivoluzioni industriali del passato, le nuove tecnologie dell'informazione distruggono posti di lavoro. Il rapporto è 20 lavoratori espulsi per 1 nuovo assunto. A pagare il prezzo più alto è il ceto medio. Qualche giorno fa il Financial Times scriveva che l'Infor-mation Technology tra pochi anni farà sparire anche migliaia di analisti finanziari".
In Italia serve davvero più flessibilità in entrata (come prevede il decreto del governo) e in uscita (con la fine dell'articolo 18)?
"Posso dirle che lavori troppo precari non giovano all'economia, e che nelle aziende si assume e si licenzia come si vuole. Quando parli a tu per tu, gli imprenditori te lo dicono: il problema per loro non è l'articolo 18, ma semmai una contrattazione più legata alle aziende e ai territori, e una maggiore disponibilità su orari, turni, mansioni, gestione dei magazzini. Queste sono le vere riforme".
Dal Jobs Act al Fisco e alla PA, Renzi ne sta promettendo persino troppe. Non c'è da temere un effetto boomerang?
"Il nuovo governo ha obiettivamente aperto una speranza, e tutti dobbiamo crederci. Renzi ha un vantaggio: è la grande aspettativa di rinnovamento che c'è nella società italiana. Non deve deluderla. Ha in effetti lanciato molte proposte interessanti. Il problema è che ora servono norme e organizzazioni che le traducano rapidamente in atto. Se c'è tutto questo, va bene. Io sono in fiduciosa attesa".
Lei magari sì, ma le parti sociali no. Non passa giorno che Confindustria e sindacati non facciano a sportellate col governo o con Bankitalia. Come lo spiega?
"Un po' di dialettica è fisiologica. Ma nel complesso mi pare che nel Paese, se non altro perché siamo davvero all'ultima spiaggia, c'è un forte desiderio di ritrovare l'ottimismo e di cavalcare il cambiamento. Questa per Renzi è una grande fortuna. Può sfruttare quel misto di angosce e di speranze che attraversano l'Italia. Deve fare in fretta, ma deve soprattutto fare bene. Quanto alla concertazione, è una bella cosa. Ma richiede unità nei sindacati e negli imprenditori. E invece l'Italia è sempre più frammentata. Da ex premier, mi ricordo riunioni fiume con decine di sigle sedute al tavolo. All'una la prima sigla diceva una cosa, alle due una seconda sigla la scavalcava, alle tre ne spuntava un'altra che andava oltre, alle quattro si chiudeva con un comunicato generico. Questo tipo di concertazione, onestamente, non funziona più".
Renzi taglia di 10 miliardi Il cuneo fiscale per i lavoratori. Lei lo fece già nel 2008, ma lo spartì anche alle imprese. E' giusto oggi privilegiare l'Irpef?
"Noi distribuimmo, 60 alle imprese e 40 ai lavoratori. Nonostante questo, a sorpresa, il giorno dopo fu proprio Confindustria ad attaccarci. Stranezze della storia... Oggi, di fronte alla deflazione salariale, Renzi fa bene a concentrare tutti i benefici sui lavoratori. Un po' più di potere d'acquisto per le famiglie, alla fine, sarà un vantaggio anche per le imprese".
La nuova legge elettorale e la riforma del Senato la convincono?
"Non entro nel merito. In generale, più ci si avvicina al modello dei collegi uninominali e del doppio turno, più si va verso una democrazia efficiente e funzionante".
Peccato che l'Italicum vada nella direzione opposta, per pagare un prezzo a Berlusconi. Lei che è l'unico ad averlo battuto due volte, come giudica questo patto col diavolo?
"Le riforme di sistema, elettorali e istituzionali, vanno fatte cercando il massimo dei consensi tra gli schieramenti politici. Ma diciamo che non bisogna esagerare nei modi. Di mediazioni se ne possono fare, ma la priorità resta sempre il bene del Paese".
E del Pd renziano cosa mi dice?
"Le dico solo questo: può anche darsi che il Pd abbia ancora la febbre, ma è l'unico partito vivo che c'è in Italia. Tutti gli altri sono crollati, e non esistono più forme minime di democrazia e di rappresentanza".
Quanto ancora le brucia, la vicenda dei 101 che l'hanno impallinata nella corsa al Quirinale?
"Con molta sincerità, della vicenda dei 101, che poi erano 120, non mi ha bruciato nulla. Anzi, è stata persino una cosa divertente. Ero in Mali, con gli africani che mi facevano il pollice alzato, mentre io facevo 'pollice versò perché già prevedevo come sarebbe finita. Feci le mie telefonate, a Marini, D'Alema, Monti e Napolitano. Alla fine chiamai mia moglie e le dissi "vedrai, non succederà niente". E così è andata. Ma davvero, non sono affatto amareggiato. Semmai mi brucia ciò che accadde prima, quando da Bari Berlusconi disse "al Quirinale chiunque, ma non Prodi". Dal Pd, tranne Rosi Bindi, non replicò nessuno. Quelli sono i momenti in cui ti senti veramente solo".
Napolitano potrebbe lasciare dopo la riforma elettorale. E di lei si sussurra: "Prodi si sta dando da fare per ritentare la scalata al Colle". Vero o falso?
"Vorrei proprio sapere in cosa consisterebbe questo mio "darmi da fare"... Mi occupo di questioni internazionali, studio l'economia globale, giro il mondo. Sono un uomo felice. In fondo nella vita ci sono tante gare, e per quanto mi riguarda quella del Quirinale è finita. Mi creda: the game is over. I tempi poi sono cambiati: il prossimo presidente della Repubblica finirà per dover condensare il suo messaggio in un twitter".

mercoledì 26 marzo 2014

Web: tra realtà e finzione

In rete gira da un po' la foto finta del giuramento di Maria Elena Boschi in cui, mentre è chinata a firmare, dai pantaloni a vita bassa esce il perizoma. E' una foto finta, ritoccata. Chi ha seguito la cerimonia del giuramento dei Ministri in tv e anche quelli che hanno guardato le foto (vere) del sedere della Boschi riprese alla stessa cerimonia dovrebbero saperlo.
In rete girano tante cose, molte delle quali sono finte. Non sempre è semplice distinguere il vero dal falso e la tecnologia, oggi, offre molte potenzialità per mistificare la realtà.
Verificate la fonte delle informazioni che ricevete prima di contribuire allo spargimento di bufale mediatiche senza neanche che ve ne rendiate conto.
In merito alle donne e anche alle giovani e belle Ministre, c'è dello stupore nel vedere certi atteggiamenti. Una volta si diceva che il problema era Rosy Bindi perché "non bella", oggi ci sono quelle "belle" e non vanno bene neanche loro?
Il valore delle donne si misura dall'estetica e dagli abiti che indossano? Cerchiamo di darci una regolata.

domenica 23 marzo 2014

Verso il tesseramento

Per il tesseramento 2014 i tempi si stanno allungando un po' ma le nuove tessere porteranno qualche sorpresa e saranno un modo per interagire con il Partito Democratico.
Un articolo pubblicato da L'Unità racconta le novità in arrivo:


(cliccare sull'immagine per ingrandire)

sabato 22 marzo 2014

Le case popolari di Milano

Sabato 22 marzo a Milano si è svolto il congresso del sindacato degli inquilini delle case popolari SUNIA a cui è intervento anche il Sindaco Giuliano Pisapia. Qui il video dell'intervento del Sindaco:



Nel corso dell'incontro è intervenuto anche il senatore PD Franco Mirabelli che, nei giorni scorsi ha presentato un'interrogazione al Ministero per chiedere che il Sindaco di Milano venga nominato Commissario per la gestione e l'assegnazione degli alloggi pubblici sfitti, dal momento che ALER non è in grado di farlo. Qui il testo dell'interrogazione presentata da Mirabelli»
Qui il video dell'intervento di Mirabelli sulla questione delle case popolari a Milano»

Nel corso del pomeriggio, il senatore Mirabelli è nuovamente intervenuto per illustrare le novità previste dal Piano Casa del governo. Qui il video dell'intervento»

Foto della giornata:
Congresso SUNIA Milano - 22 marzo 2014


giovedì 20 marzo 2014

Un po' di informazioni

Segnaliamo, intanto, un po’ di notizie utili inerenti le vicende di queste settimane. 

Nei giorni scorsi, Matteo Renzi ha presentato il piano di governo, qui è possibile rivedere la presentazione e scaricare le slide>>  
Al fine di chiarire alcuni dubbi emersi, Renzi è intervenuto alla Camera dei Deputati per spiegare meglio i termini dei provvedimenti annunciati. Qui la sintesi fatta dal Corriere della Sera>> 

Al Senato, invece, oltre ai provvedimenti che vengono discussi in Aula, il gruppo del PD è impegnato nella discussione che riguarda la riforma del Titolo V e la riforma del Senato stesso. Qui la bozza del testo in pdf su cui stanno discutendo>>

Nei giorni scorsi si è dibattuto molto (anche impropriamente) di pensioni e lavoro, qui un’intervista di La Stampa a Marianna Madia in cui la Ministra per la Semplificazione della Pubblica Amministrazione spiega le sue idee in materia. (file scaricabile in pdf>>). 

Qui alcune risposte>> unitamente all’invito a non farsi prendere dal panico ogni volta che si leggono i giornali e anche a essere un po’ più orgogliosi dell’operato del PD nelle istituzioni, invece, che essere sempre pronti a fare un dramma di qualsiasi annuncio (compresi quelli che gli italiani vedono positivamente) 
Lo scorso 16 marzo si è svolta l’Assemblea Regionale del PD, qui il video della giornata>>  e qui gli incarichi conferiti>>

A breve saremo tutti impegnati per la campagna elettorale delle elezioni europee
In attesa della pubblicazione delle liste, i primi nomi di alcuni candidati hanno già cominciato ad emergere sui giornali e sono: 

lunedì 17 marzo 2014

Un po’ di chiarezza

Tanti sono i dubbi e le richieste di spiegazioni che ci sono giunti, anche in seguito alla pubblicazione di alcuni commenti apparsi sui giornali in seguito alla presentazione del piano di azione con le prime mosse decise dal governo Renzi.
Ci piacerebbe che i dubbi e le domande venissero posti durante le occasioni di incontro e di assemblea che abbiamo organizzato nelle scorse settimane e che a brevissimo riorganizzeremo, alla presenza di esponenti PD che operano nelle istituzioni (e quindi in grado di rispondere sulle varie tematiche con maggiore competenza), proviamo comunque ad abbozzare un paio di spiegazioni sui temi del momento: il precariato e le pensioni.

A dispetto di quanto scrivono i giornali, segnaliamo che Renzi di pensioni non ha parlato e l'argomento non è scritto da nessuna parte del decreto presentato e, anziché perdersi in elucubrazioni inutili, sarebbe meglio attenersi a commentare le cose annunciate.
In questa legislatura, con il Governo Letta, è stato già fatto un adeguamento delle indicizzazioni delle pensioni fino ai 3.000 euro.
In Italia ci sono persone che sono andate in pensione anche versando pochissimi contributi o il cui versamento non corrisponde alla cifra di pensione che prendono. I pensionati non sono tutti uguali: ci sono persone che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese e persone che stanno benissimo, non c’è una categoria unica.
L'Italia ha garantito per molto tempo a tante persone di andare in pensione e di andarci bene e, forse, oggi tutto questo non si riesce più a farlo per i giovani.
Oggi, nel nostro Paese, le pensioni spesso svolgono una funzione di welfare e, se si cambia questo meccanismo, dando più soldi alle famiglie, probabilmente si riesce ad alleggerire i pensionati da questo peso. Anche per questo è utile essere partiti dal tema del lavoro dipendente e dall'idea di lasciare più soldi in tasca alle famiglie per alimentare i consumi: le risorse non sono infinite e, nel contesto in cui ci troviamo, è giusto darsi delle priorità.

In questo momento, per il nostro Paese, la priorità è creare lavoro e aumentare le assunzioni: perché si possano stabilizzare i precari bisogna che prima si creino posti di lavoro e il decreto di Renzi ha questo obiettivo.

La precarietà è un altro tema, tuttavia, bisogna ricordare che con la riforma Fornero accadeva che dopo un contratto a termine occorreva una pausa di diversi mesi prima che questo potesse essere rinnovato e, dopo il terzo rinnovo, o l'azienda assumeva in modo stabile il lavoratore o lo lasciava a casa. Prima della legge Fornero, invece, il contratto a progetto non poteva essere rinnovato per più di due anni; anche in questo caso l'azienda poteva scegliere se assumere il lavoratore o lasciarlo a casa.
Di fatto, il più delle volte accadeva che l'azienda modificava il progetto scritto nel contratto e si teneva precariamente il lavoratore fregandosene della legge in vigore, senza che alcuno andasse a controllare oppure sostituiva il lavoratore o si avvaleva di stagisti a rotazione.
Tutto questo perché avere dei dipendenti con assunzione a tempo indeterminato alle aziende costa molto: l’Irap è una tassa che prevede che l’azienda paghi per ogni lavoratore assunto, così che ai datori di lavoro spesso conviene trovare altre forme di collaborazione meno onerose per tenere lavoratori.
I contratti a progetto sono una realtà da tempo. Fingere di non vederli è ipocrita. A cercare di regolarli ci hanno provato in tanti ma purtroppo, fino ad oggi, senza sortire alcun effetto.

Per risolvere il problema delle troppe modalità contrattuali, la proposta di Renzi va verso il contratto unico.

In ogni caso, Renzi ha appena cominciato e ha presentato un provvedimento solo. Non è realisticamente pensabile che all’interno di questo provvedimento vi fosse già tutto quanto. La partenza riguarda i lavoratori dipendenti (80 € mensili in più in busta paga che, in un anno, equivalgono a una mensilità in più di stipendio). Nel provvedimento vi sono anche altri punti che, però, sicuramente, vengono percepiti come meno di appeal nell’opinione pubblica.
Per quanto riguarda le riforme istituzionali, Europa ha realizzato un articolo di approfondimento sulla riforma del Senato>> e qui c’è il testo di bozza di riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione (pdf)>> 

Il PD nel corso degli anni non ha sempre fatto scelte felici e spesso si è trovato anche ad assumere decisioni difficili e invise alla maggior parte degli italiani, tanto che i dati elettorali ci hanno visto spesso in difficoltà, anche quando ci aspettavamo esiti diversi. Oggi, ci troviamo in una fase difficile, in cui c’è una distanza enorme tra i cittadini e la politica, tra l’operato delle istituzioni e il sentire comune e c’è un’esigenza forte di far recuperare credibilità alla politica, per non veder cedere il Paese sotto la spinta di pulsioni disfattiste e autoritarie.
Da sempre il centrosinistra ha un’immagine di “partito delle tasse” nell’opinione pubblica mentre a noi piacerebbe essere il partito che rimette in moto il Paese, il partito che riaccende il cambiamento di un’Italia troppo spesso bloccata a tutti i livelli, il partito del lavoro, il partito che riaccende il futuro. Rimettere il lavoro al centro delle politiche significa dare futuro al Paese.
Questo non è il governo esclusivamente di Matteo Renzi ma è il governo di tutto il PD, in quanto il Segretario Nazionale è diventato Presidente del Consiglio su decisione quasi unanime della Direzione Nazionale del Partito Democratico. Il PD in questo governo si gioca moltissimo e se fallisce questo tentativo sarà più difficile recuperare la fiducia dei cittadini. Questo dobbiamo saperlo prima di prestare il fianco a inutili strumentalizzazioni o di cercare la luna fingendo di non vedere una realtà drammatica che invece da anni è sotto ai nostri occhi o di rivendicare interessi di parte che spesso vanno a garantire i già garantiti.

Diana Comari, coordinatrice del Circolo PD Prato-Bicocca

venerdì 14 marzo 2014

Prossimi appuntamenti

Nei prossimi giorni avremo un po’ di importanti appuntamenti che ci teniamo a segnalarvi:

In vista dell’avvicinarsi delle elezioni europee, lunedì 17 marzo alle ore 18:15 presso il circolo PD di via Hermada 8 si terrà un incontro dedicato all’Europa con Sandro Gozi, Bruno Marasà (rappresentante a Milano del Parlamento Europeo) e Carmine Pacente (segreteria PD Milano).

Sabato 22 marzo alle 10:30 il circolo PD dell’Isola ripropone l’incontro “Lezioni di Italicum” con l’avv. Felice Besostri e l'on. Emanuele Fiano (capogruppo PD in Comm. Affari Costituzionali della Camera), che ha seguito tutto l'iter dell'Italicum, ora approvato alla Camera e in attesa di essere calendarizzato in Senato per l’approvazione definitiva. L’incontro si terrà presso il Circolo Sassetti Cultura in Via Volturno 35 a Milano (zona Isola) e data l’attualità del tema, la necessità di tutti di comprendere meglio quanto approvato dalla Camera - e anche quanto avvenuto durante le votazioni - e data la possibilità di avere a disposizione proprio Fiano che ha seguito tutto il percorso della legge, invitiamo tutti a partecipare.

Sabato 22 marzo dalle ore 14:30 alle 18:00, presso la Camera del Lavoro (in Corso di Porta Vittoria 43 a Milano) si terrà la tavola rotonda sulle case popolari organizzata dal SUNIA, dal titolo “Un patto per l’affitto sostenibile” a cui parteciperanno: sen. Franco Mirabelli, Don Virginio Colmegna, Cons. regionale Onorio Rosati, Ass. Daniela Benelli, Pres. Assoedilizia Colombo Clerici, Pres. Aler Gian Valerio Lombardi, Prof. Politecnico Gianni Dapri Segr. Cgil Milano Graziano Gorla, Segr. Sunia Milano Stefano Chiappelli, Segr. Sunia Daniele Barbieri.
Si tratta di un incontro molto utile per i quartieri come i nostri, con molti alloggi popolari e sociali.


Per restare sempre informati su quanto avviene dai gruppi PD nelle istituzioni, esistono degli appositi siti e newsletter:
Attività del PD alla Camera dei Deputati www.deputatipd.itiscrizione alla newsletter>> 
Attività del PD al Senato www.senatoripd.itiscrizione alla newsletter>> 
Attività del PD in Regione Lombardia www.blogdem.it - www.pdregionelombardia.itiscrizione alla newsletter>> 

giovedì 13 marzo 2014

Aler, Mirabelli (Pd): "Pisapia commissario per le case popolari"

Intervista a Franco Mirabelli a cura di Fabio Massa per Affaritaliani.


Franco Mirabelli, senatore milanese del Partito Democratico "apre" il fronte romano su Aler: "Chiederemo a Lupi di nominare Pisapia commissario perché si sblocchi l'assegnazione degli alloggi". Maroni? "Fa solo propaganda, ma non risolve i problemi. Le case popolari sono un esempio drammatico del suo stile".
Dopo un anno di giunta Maroni, è tempo di fare bilanci.
La cosa incredibile è che per Maroni la colpa è sempre di qualcun altro. Questo è il bilancio del suo primo anno. Fa polemica con tutti i livelli istituzionali. Cerca sempre un capro espiatorio, anziché affrontare le questioni nella loro dimensione. Le case popolari sono un esempio drammatico dello stile di governo di Maroni.
I quartieri Aler sono in rivolta: sono partiti gli aumenti degli affitti.
Maroni è fatto così. Si è messo a ragionare sui piccoli aggiustamenti. Sulla spending review, sui cda. Ma il dato vero è che Aler non sta funzionando. E' paralizzata. I cittadini che abitano nelle case popolari stanno pagando un prezzo altissimo. Le manutenzioni si fanno sempre meno. Chi è in autogestione non riceve più i soldi. La Regione non ci mette una lira, un euro. Propone aggiustamenti senza andare a modificare la legge che ha causato questa situazione.
Perché?
Perché pensare che rimettere in ordine la gestione delle case popolari facendo pagare gli inquilini è assolutamente un assurdo. La legge 27 ha portato a una diminuzione della qualità e a un aggravio di costi per i cittadini. Anziché investire una parte del bilancio regionale e risolvere i problemi, si continua a dare la colpa alla dirigenza Aler, che pure non ne è esente. A dare la colpa agli abusivi, che pure ci sono.
Rendiamoci conto che quando c'è un buco di quel tipo e una struttura che non è più in grado di funzionare, perché è di questo che stiamo parlando, non si può andare avanti solo ad apparire, ma fare.
Sta dicendo che Maroni vuole solo apparire?
Sto dicendo che fa solo propaganda e scaricare le colpe. Vorrei fare un esempio: c'è un numero sempre crescente di alloggi vuoti, c'è un numero sempre crescente di cittadini in lista. Aumentano le case sfitte e il bisogno. Su queste cose bisogna intervenire e ragionare.
Come si interviene?
Da senatore vorrei dirlo chiaramente: nei prossimi giorni chiederemo al ministro Lupi la possibilità di dare al sindaco di Milano poteri commissariali per fare questo lavoro di assegnazione degli alloggi di proprietà pubblica sfitti a chi è in graduatoria. In gergo si chiama "abbinamento", ed è una cosa che oggi non viene fatta. Diamo al sindaco questi poteri. 
Ampliamo lo spettro: il rilancio voluto da Renzi passa anche per la casa...
Anche sulle case popolari si sta ragionando. La proposta che è in discussione sull'abbattimento della cedolare secca a chi affitta con canone concordato è una proposta nostra, è una proposta utile. Renzi vuole aumentare il fondo sostegno affitti e il fondo morosità incolpevoli. In più, da Roma vorremmo un impegno per aprire un'altra stagione di contratti di quartiere, perché dobbiamo combattere il degrado. Però prima bisogna controllare come la Regione Lombardia ha speso i soldi fino ad oggi. Basta guardare Bollate, o Calvairate, o lo Stadera, dove un decennio i contratti di quartiere non sono ancora finiti. Ma non c'è solo Aler, c'è anche Expo...
In che senso?
Maroni continua a insistere nella sua tattica di rompere, di devastare. Ma il governatore dovrebbe sapere che Giuliano Pisapia ha inaugurato una stagione nuova, superando i conflitti istituzionali che avevano segnato la stagione di Formigoni. L'idea di Maroni di tornare a una stagione di quel tipo, da una parte facendo la controparte del Governo e dall'altra del Comune di Milano, è una scelta miope e sbagliata, ancora una volta esclusivamente propagandistica.

domenica 9 marzo 2014

Un mattina dedicata alle donne

Grazie alle persone che questa mattina hanno partecipato al nostro incontro dedicato alle donne. Oltre agli interventi delle relatrici Sara Valmaggi (vicepresidente del Consiglio Regionale della Lombardia), Vanessa Senesi (presidente della commissione cultura del Consiglio di Zona 9) e Ileana Alesso (avvocato e autrice del libro "Quinto potere, storie di donne, leggi e conquiste), il dibattito è stato inframezzato da alcune letture (recitate da Simona Medolago) di cui vi riportiamo qui i testi:

Chi può avere il tempo o semplicemente la voglia di amare quando tutto crolla, non c’è lavoro, e chi ce l’ha pensa solo a come conservarlo? Chi può essere così ingenuo da credere ancora all’amore quando è ormai chiaro a chiunque che tutto ha un prezzo, tutto si consuma, nessuno è indispensabile? Perché illudersi che qualcosa «accada» indipendentemente dagli sforzi, dall’impegno e dal merito?
Anche io faccio parte di quella generazione cresciuta a suon di slogan e di volontarismo esacerbato. «Impegnati e otterrai». «Sforzati e capirai». «Concentrati sul tuo lavoro e avrai successo». Menzogne di un individualismo spinto agli eccessi che ci ha fatto credere che l’esistenza fosse solo lotta e competizione e che la vita, prima o poi, avrebbe premiato i più bravi. Illusione di un «egoismo assoluto», come dicono alcuni, che ci ha convinti fin da bambini che sarebbe stato sufficiente non fidarsi mai di nessuno e andare avanti per la propria strada per diventare protagonisti della propria vita.
Prima di scoprire che nessuno è indispensabile, che chiunque può prendere il nostro posto, che quando non serviamo più siamo buttati via. Indipendentemente dai sacrifici fatti. Indipendentemente dal merito acquisito. Perché ormai «l’uno vale l’altro», come ripetono in tanti. Non perché non esistano competenze specifiche e quindi chiunque possa fare qualunque cosa. Solo perché queste famose «competenze» – quando esistono – sono oggettivamente senza qualità e intercambiabili. Ecco perché, nonostante sia la prima a ripetermi che il rapporto che stabilisco con i miei studenti sia assolutamente unico e speciale, so bene che se al mio posto ci fosse un’altra persona, per la mia Università non cambierebbe nulla.
Anche io, come gli altri, sono solo una «risorsa umana». Sostituibile. Rimpiazzabile. Intercambiabile. Ma che c’entra tutto questo con l’amore, si starà chiedendo qualcuno, già impaziente di leggere altro? Perché tanto tutto si equivale. E se non si fnisce di leggere una rubrica, ce n’è subito un’altra… ebbene, l’amore c’entra eccome! Visto che è solo nell’intimità delle relazioni affettive che si esce dai meccanismi perversi dell’anonimato e dell’intercambiabilità. Non solo perché l’amore non lo si merita e non lo si guadagna – non basta impegnarsi o fare tutto quello che si pensa di dover fare per essere amati; o si è amati, oppure no; e quando si è amati lo si è per quello che si è, indipendentemente dagli sforzi o dalle competenze acquisite.
Ma anche e soprattutto perché nell’amore nessuno è intercambiabile. Chi mi ama, ama me, esattamente me, solo me. E anche se un giorno dovesse amare un’altra persona, quella persona occuperebbe un altro posto e non potrebbe mai prendere il mio. Quello che ho occupato o occupo io. Quello che corrisponde solo a me, perché sono unica e diversa da tutti gli altri. Si può amare un’altra persona. Un’altra appunto. Che però non toglie niente all’amore che ho ricevuto o che continuo a ricevere. L’amore è anticapitalistico. Ed è per questo che, anche quando tutto crolla, resiste e ci permette di sopportare la violenza dell’anonimato contemporaneo. E anche quando intorno a noi tutto ci urla che siamo inutili e non serviamo a nulla, l’amore ci sussurra che non è vero, che non è così, che siamo speciali.
L’unicità di quello sguardo che ci riconosce e che non ne vuol sapere niente di tutte quelle persone che cercano di occupare il nostro posto e di buttarci via. L’unicità di quelle parole – esattamente quelle – che ci accolgono la sera anche quando sono un po’ stanche e un po’ distratte. Solo perché «sono io». Solo perché è «lui» o «lei», come ci ricorda Montaigne in uno dei suoi saggi più belli. Ecco perché è proprio in questo periodo di crisi che abbiamo tanto bisogno dell’amore.


[…] Il lavoro che manca.
I problemi della fine del mese.
I figli che avete, o che vorreste avere, e che una società sorda non sa accogliere.
L’immensa fatica quotidiana per tenere assieme affetti, famiglia, lavoro, tempo per sé.
Già, il tempo che vi manca sempre.
E allora correte, correte tutto il giorno e la sera non avete neanche un minuto per pensare a voi, perché la stanchezza è tanta.
E il giorno dopo è già lì che vi aspetta, coi suoi affanni, le sue felicità rubate, i desideri e le delusioni.
Le donne italiane secondo i dati ONU sono le donne che lavorano di più al mondo, fra lavoro di cura e lavoro per il mercato.
Ma quanti, nella nostra politica e nella società sono disponibili a trarre le conseguenze di questo dato? Non parlo di fredde statistiche, ma di carne e sangue, di vite vere, di tempo che passa in una società come quella italiana che preferisce non vedere, non sapere e non fare.
Eppure se le donne italiane si fermassero anche solo per un giorno l’intero paese si fermerebbe, attonito.
E non solo perché molte camicie di molti uomini non sarebbero stirate, non solo perché tanti bambini non avrebbero nessuno che li accompagna a scuola, e i frigoriferi sarebbero vuoti, e i fornelli spenti.
L’Italia si bloccherebbe perché le donne svolgono un ruolo di supplenza nell’assistenza agli anziani, alle persone con disabilità.
Sostituiscono servizi sociali che mancano, servizi educativi ridotti allo stremo.
Perché le donne tengono in piedi quella piramide del lavoro che le vede in tante nei livelli più bassi e in poche, pochissime nei livelli alti.
È qualcosa di più di un’ingiustizia da riparare.
[…] Mette paura, provoca angoscia il divario fra le ambizioni, le aspettative di una vita tutta ancora da scrivere e i primi cocenti insuccessi, le prime delusioni.
Il lavoro precario, quei 1000 euro al mese che non consentono di vivere da sole, o di farsi una famiglia, e gli asili nido che non ci sono.
Come può farcela una giovane donna?
E poi quel datore di lavoro che chiede di firmare la lettera che impegna a non diventare madri, e la scelta terribile fra affetti e lavoro, fra l’amore e la sopravvivenza materiale.
Non è questa la vita che le madri avevano pensato per le figlie, quando combattevano per il nuovo diritto di famiglia.
Per la parità nel lavoro, per uguale salario a parità di mansioni.
Sono le madri della Repubblica, a cui tutti dobbiamo moltissimo.
Sono le madri costituenti, che hanno saputo guardare avanti, nell’Italia sofferente e speranzosa del dopoguerra.
[…] Grandi battaglie di un glorioso passato, diranno i cinici della politica.
Ma nessun diritto, nessuna conquista ci è data per sempre. Serve il coraggio di ricominciare, giorno dopo giorno, a ricostruire una rete di diritti diffusi e riconosciuti.
[…] Combattete ogni giorno contro volgarità e concezioni arcaiche, contro immagini che vi dipingono tanto diverse da ciò che siete.
L’uso del corpo delle donne è giunto a livelli insopportabili. Le nostre città sono piene di immagini che esibiscono donne eternamente nude e giovani, d’estate e d’inverno.
La televisione propone nella crescente spazzatura corpi femminili come oggetti.
Donne come oggetto di largo consumo: è il modello che sta viziando e inquinando la nostra cultura. Che domina in tv e sulle copertine di settimanali a larga tiratura.
E’ il modello patinato dell’Italia berlusconiana, che usa le donne e le getta. E poi si autoassolve con un ammiccamento. Perché nessuno è un santo. E perché così fan tutti. O tutti vorrebbero fare così.
Corpi come privi di anima, che fanno sognare ad adolescenti infelici una vita da veline come massima ambizione. E sono le vittime, non le colpevoli.
Oppure ci parlano di un mondo femminile che ha poco a che fare con la vita di tutti i giorni, fatto di intrighi, di tradimenti, di valori mercantili, di consumatrici di sentimenti e di vestiti.
Oppure tacciono, più semplicemente, la realtà, scelgono di non raccontare la storia vera delle donne italiane, speranze, condizioni, vittorie e sconfitte.
[…] Sul corpo delle donne in tutto il mondo si sta combattendo una delle più grandi battaglie della storia dell’umanità: la libertà e la dignità contro la violenza e i fondamentalismi.
In una parte grande del pianeta le donne lottano contro la fame, la sete, le malattie, la povertà, l’analfabetismo.
Si ribellano alla barbarie delle mutilazioni genitali, ancestrale forma di dominio sul corpo e sul piacere, ipoteca sulla riproduzione, che è e rimane il potere femminile più detestato dagli uomini che si credono padroni delle donne.
In molte parti della Terra le donne combattono per la democrazia, per la libertà del loro paese, e pagano con il carcere e le torture, talvolta con la vita.
In tutto il mondo troppe donne devono lottare ogni giorno contro l’umiliazione della vostra dignità, contro quella violenza sessuale che fa più morti del cancro e degli incidenti stradali, e che si annida nel segreto della famiglia, in un silenzio carico di colpa, di impotenza, di paura.
Quella stessa paura che accompagna tante donne quando tornano a casa di notte, o nella solitudine delle periferie delle città, nel buio di strade così poco amiche. Una paura che fa diventare diffidenti, che suscita inquietudine, che fa chiudere in se stessi.
[…] Per ogni scelta, ogni giorno nel lavoro le figlie, le madri, le nonne faticano il doppio degli uomini, come se mentre gli uomini camminiamo in pianura, le donne fossero sempre ad una infinita dura salita.
E’ arrivato il tempo di cambiare.


Il Quinto Stato. Storie di donne, leggi e conquiste. - di Ileana Alesso:



Le mie donne - di Roberto Vecchioni:
Simone de Beauvoir sorrise e la notte dal cielo schizzò via.
Il suo cuore batte forte come batte forte la poesia,
e Maria Teresa prese la sua matita del silenzio,
Rosa Luxemburg gridò: “Per tutti gli uomini nel vento”.
Come fiori in un deserto dei miracoli, le mie donne non si piegheranno mai.
Da mia madre ho preso il cuore e non l’ha mai voluto indietro,
le parole, le sue parole come petali sparsi in un roseto.
Dalle figlie ho imparato l’alba e la solitudine del tramonto,
l’allegria da consumare fosse pure per un solo momento.
La mia donna ha combattuto con le nuvole dietro l’orizzonte della verità,
senza un tonfo di speranza e con i brividi di portare in seno quello che sarà.
Dalle donne stanche di arare in una terra fradicia di sole,
dalle donne in un ospedale con le mani piene di dolore,
dalle ragazze dentro un urlo dentro le strade a pugni chiusi,
da una storia senza fine, da un universo di soprusi.
Dove lanciano aquiloni dietro i fulmini per vedere quanti sogni vengon giù
e ci insegnano il mestiere d’esser uomini, cosa che non ricordiamo quasi più.

sabato 8 marzo 2014

Un abbraccio a Dario Franceschini

Il ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini è stato colpito nel pomeriggio di sabato da un leggero malore. È successo a Palmanova, in Friuli, dove doveva partecipare a una visita ai bastioni della città-fortezza. Il ministro, che in mattinata era stato a Venezia, era appena giunto alla caserma Ederle quando ha avuto un leggero mancamento e una forte fitta alla schiena. Ha bevuto un bicchiere d'acqua e fatto una piccola pausa, ma constatato che il dolore non passava è stato portato all'ospedale della cittadina per dei controlli. Lì hanno accertato una sorta di pre-infarto e il ministro è stato immediatamente ricoverato all'Ospedale di Udine.
In serata, dal suo staff, hanno fatto sapere che a causare il malore è stata una sindrome coronarica acuta. I medici - come precisato nel bollettino medico - hanno spiegato anche che «la sindrome è stata trattata tempestivamente e positivamente». Franceschini è sempre rimasto vigile. I dottori che lo hanno visitato hanno anche chiarito che non è possibile stabilire un evento scatenante la sindrome. Franceschini trascorrerà ancora qualche giorno nel reparto di Cardiologia. «Il paziente - recita il bollettino medico di domenica ha risposto positivamente alle terapie e ha trascorso una notte serena. Resterà ancora degente alcuni giorni nella struttura di Cardiologia. È di buon umore e ringrazia tutti coloro che gli hanno fatto sentire la partecipazione attraverso messaggi e contatti diretti».

Il nostro circolo manda un abbraccio a Dario Franceschini e gli augura di riprendersi al più presto. 

mercoledì 5 marzo 2014

9 marzo: Prospettive di un welfare declinato al femminile

Cogliamo l'occasione della ricorrenza della Giornata della Donna per aprire una prima riflessione sulle problematiche delle donne nella società di oggi e discutere insieme della situazione in cui ci troviamo, delle soluzioni politiche proposte ma anche del clima culturale non sempre benevolo verso il genere femminile, come dimostrano le vicende della cronaca e dell'attualità politica.