domenica 29 giugno 2014

Il PD alza la guardia sul tema della legalità

In merito al rispetto della legalità e alla luce dei fatti gravi che hanno riguardato anche il Partito Democratico per vicende di infiltrazioni criminali e ipotesi di corruzione, il PD metropolitano e regionale, nelle settimane che hanno preceduto le elezioni amministrative, ha lavorato ad alcuni documenti di indirizzo (in termini di trasparenza, conflitti di interessi, rendicontazione, rapporti interpersonali) e codici etici volti a promuovere comportamenti eticamente sostenibili da parte di candidati, eletti e anche iscritti al Partito Democratico. I documenti andranno presto in discussione negli organismi dirigenti al fine dare loro una veste definitiva e renderli validi, ove già non lo fossero. 
Sul tema della necessità di alzare l'attenzione sul rischio di infiltrazioni, invitiamo a leggere un intervento del Segretario del PD della Lombardia, Alessandro Alfieri, riportato da Il Giorno (cliccare sull'immagine per ingrandire):


domenica 22 giugno 2014

Milano e il PD protagonisti dei cambiamenti

Sabato, al nostro circolo, abbiamo discusso del ruolo del PD nella città metropolitana, insieme a Pietro Bussolati (Segretario PD Metropolitano), Lorenzo Gaiani (Sindaco di Cusano Milanino) e Franco Mirabelli (Senatore della Repubblica). L'incontro, molto partecipato, è stato anche un'occasione per salutarci prima della pausa estiva e fare un po' il punto sulle novità che ci aspettano sul fronte delle riforme che ci troveremo a vivere anche sul territorio milanese.
Qui potete scaricare il PDF contenente i testi delle relazioni di Bussolati, Gaiani e Mirabelli»

Ad aprire la discussione è stato proprio il Segretario Pietro Bussolati, ospite per la prima volta nella nostra sede, e questo è il testo del suo intervento:

Intanto grazie per l’invito, mi fa piacere essere qui: è la prima volta che vengo in questo circolo.
Oggi, mi pare che i temi da affrontare siano due: il lavoro che il PD sta facendo e quali sono le sfide che ci attendono.
Parto dalla sfida principale che dovremo affrontare sul territorio che è la costruzione della città metropolitana, in modo da non farla diventare un oggetto misterioso ma metterci idee, contenuti e, soprattutto, cultura e passione. Il tema vero, infatti, è che dobbiamo saper costruire in qualche anno un’identità milanese che però vada oltre il territorio di Milano e che metta insieme le aree che attualmente sono della Provincia con quelle della città capoluogo.
È evidente che tutto ciò che ha a che fare con le architravi amministrative e con l’ingegneria burocratica con cui si governa un territorio può essere molto interessante per gli addetti ai lavori e per gli appassionati di politica ma è assolutamente non interessante per tutti gli altri cittadini.
Tuttavia, proviamo ad entrare un attimo nei dettagli su come funziona il meccanismo della città metropolitana e i prossimi passi amministrativi che dovremo affrontare.
L’ultima tornata delle elezioni amministrative ci ha visto vittoriosi in tanti Comuni (abbiamo conquistato 5 nuovi Comuni sopra i 15.000 abitanti, portandoli via al centrodestra), quindi, il Partito Democratico attualmente ha una forza politica e amministrativa: governa oltre i 2/3 dei territori dell’area metropolitana milanese (compresa la città). Questo significa che il Partito Democratico ha una grandissima responsabilità, che non deriva solo dall’esito del voto delle elezioni europee ma anche direttamente dal territorio e, quindi, la costruzione dell’area metropolitana dipende da noi.
A settembre, secondo la nuova legge, ci sarà un’unica votazione che prevederà un’elezione di secondo livello per il Consiglio Metropolitano costituito da 24 persone. Vale a dire che a votare per il Consiglio Metropolitano saranno i consiglieri comunali e i sindaci della città e della provincia. Queste 24 persone che formeranno il Consiglio Metropolitano avranno il compito di redigere lo Statuto dell’area metropolitana (saranno, quindi, le “madri e i padri costituenti” della città metropolitana).
È ovvio che lo Statuto dovrà prevedere una serie di norme che regoleranno la vita della città metropolitana a partire dalle funzioni del Sindaco.
In una prima fase è previsto che il Sindaco della Città Metropolitana sia il Sindaco di Milano, la città capoluogo, ma dal 2016 in poi tutto ciò che riguarda l’area metropolitana dovrà essere deciso dal Consiglio Metropolitano e ratificato dalla Conferenza dei Sindaci.
Queste, dunque, sono le scadenze amministrative.
Per la mia idea di partecipazione, a governare la città metropolitana, a tendere, dovrà essere un ente che dovrà essere eletto da tutti i cittadini e, questo, credo che sia l’obiettivo che dobbiamo porci come PD. Con quali tempistiche questo potrà realizzarsi è da valutare.
Adesso, in preparazione della sfida che ci attende, dobbiamo mettere in fila una serie di temi su cui andare a trattare, come ad esempio la mobilità, la sburocratizzazione dei servizi pubblici (quindi, la facilità di accesso ai servizi), il turismo, la cultura, fare dei percorsi in grado di intrecciarsi anche con l’evento EXPO 2015.
Tuttavia, il tema della città metropolitana è ben più affascinante e ben più ampio rispetto a ciò.
Consideriamo che in un raggio di 60 km intorno a Milano, mettendo la punta di un immaginario compasso sul Duomo, troviamo una realtà territoriale che contiene 6 milioni di abitanti. Il 25% del manifatturiero italiano viene prodotto qui. È una realtà che può competere con le grandi metropoli europee come Londra e Parigi. Per questo sarebbe sbagliato limitarci ad affrontare solo l’aspetto amministrativo della questione.
Dobbiamo sapere, quindi, che la sfida che abbiamo di fronte è parlare di sviluppo, parlare di mobilità, parlare di servizi pubblici ma in una logica che tenga conto dei bisogni dei territori ma, soprattutto, con l’obiettivo del bene comune a livello metropolitano.
Un altro tema rilevante è quello della pianificazione urbana: siamo abituati al fatto che i Comuni disegnino ognuno per sé il disegno della propria città e, invece, è indispensabile che anche questo si vada ad integrare in un’ottica di sviluppo metropolitano armonico capace di tenere insieme le necessità di sviluppo con la sostenibilità ambientale.
Tutta la teoria economica e sociologica di oggi ci mostra come lo sviluppo possa passare da una densificazione delle risorse perché, se Milano cresce e riesce ad attrarre investimenti esteri e a mettere a sistema l’alto livello di università che ha sul territorio, può diventare una città fortemente attrattiva, un polo di conoscenza e di sviluppo in grado di portare benessere anche al resto della Regione. È indispensabile, quindi, ragionare in un’ottica di densificazione e non nell’idea di distribuire sui territori in modo uguale quello che invece deve essere concentrato su Milano. Se Milano riesce a crescere e a diventare competitiva, ad esempio con Londra, riesce anche ad attrarre gli investimenti esteri e le risorse umane migliori sul suo territorio.
I Comuni non hanno la dimensione sufficiente per riuscire da soli a fare questo tipo di ragionamento ma è evidente che i cittadini si identificano soprattutto con il proprio Comune.
La democrazia è basata sul nesso che i cittadini hanno innanzitutto con la propria piazza e con il proprio Comune, quindi, dobbiamo provare a mantenere una logica diarmonica, nel senso che dobbiamo costruire la città metropolitana non creando un conflitto con la Regione ma cercando di capire come questa nuova realtà possa instaurarsi e implementarsi anche in un territorio che già ha un’area vasta che è Regione Lombardia.
Questo va fatto anche in una logica di confronto contrattualistico con i Comuni, perché essi possono essere interessati a cedere alla città metropolitana alcune delle proprie funzioni in una logica di contemperazione degli interessi.
Tutte queste cose devono rientrare nella prima fase di costruzione della città metropolitana e, per questo, è importante che sia una fase con organismi eletti a secondo livello, perché gli amministratori devono accordarsi su quali sono gli ambiti e i capitoli da mettere in questo progetto e avviare il percorso.
Quando arriveremo a quel punto, non dovremo fare l’errore che è stato compiuto con la dicotomia tra Provincia e Comune. Quando avremo fatto l’integrazione dei servizi, di pianificazione urbana, di ragionamento culturale sullo sviluppo del turismo, a mio avviso, a tendere avrà senso che il Sindaco della città metropolitana venga eletto da tutti i cittadini ma anche il Comune di Milano dovrà assumere una logica di tipo diverso nel rapporto con l’amministrazione, probabilmente, più legato a un forte decentramento, all’elezione diretta del Presidente della Zona (che dovrebbe diventare una municipalità) e meno legato a un doppio voto per il Sindaco di Milano e della città metropolitana. In ogni caso, la legge contiene quella giusta flessibilità che ci consentirà di capire passo passo quali saranno le scelte da compiere.

Nel frattempo il Partito Democratico si sta impegnando ampiamente su questo tema, a partire da Arianna Censi che è in Segreteria con delega sulla Città Metropolitana e Filippo Barberis che si occupa delle qualità tematiche e abbiamo realizzato anche un progetto sulle funzioni che secondo noi potevano rientrare nella città metropolitana con il City Act che abbiamo presentato a Milano qualche mese fa e che in queste sere stiamo portando su tutti i territori della provincia.
Questa è la sfida che vogliamo affrontare e abbiamo chiesto anche alle altre forze del centrosinistra di fare una lista unica in ottica dell’elezione del Consiglio Metropolitano perché riteniamo importante saldare l’alleanza di centrosinistra.
Personalmente, credo che il PD debba stare nel campo del centrosinistra e anche questo gesto politico vuole rimarcarlo: dopo le elezioni europee, infatti, avremmo potuto scegliere di fare una lista esclusivamente del PD schiacciando gli altri, ma credo che sia più giusto ragionare in una logica in cui il Partito Democratico fa da motore di un’alleanza di centrosinistra.
Dovremo mettere insieme una serie di temi, come welfare, commercio, gestione delle authority che dovranno avere l’ambizione di trattare direttamente con il governo (ad esempio sui trasporti) quelle che sono le esigenze del nostro territorio.
In questo modo, quindi, ci stiamo avvicinando a questo primo passaggio, cercando di condividere un’alleanza forte di centrosinistra che proponga un futuro a questo territorio.
Inoltre, stiamo cercando di girare tutti i territori della città e della provincia per raccogliere idee e proposte. È ovvio che poi dovremo scegliere e presentare un programma ma, intanto, vogliamo che il percorso sia il più condiviso possibile, anche perché del tema della città metropolitana, pur essendo fondamentale, se ne parla ancora poco.
A partire da settembre avremo anche una serie di occasioni per approfondire queste cose, tra cui corsi di formazione e incontri alla Festa del PD.

Nel mondo non c’è una realtà interessante come quella di Milano. Qualche giorno fa ho incontrato Rocca, Presidente di Assolombarda, che evidenziava lo stesso concetto: il fatto che a Milano si concentri lo sviluppo della città metropolitana e di Expo è un’occasione incredibile perché insieme possono essere elementi propulsivi per il nostro territorio, per fargli riguadagnare quella credibilità a livello internazionale che nel frattempo un po’ ha perso.

sabato 21 giugno 2014

Milano e i Comuni limitrofi

Intervento di Lorenzo Gaiani, Sindaco di Cusano Milanino all'incontro "Il ruolo del PD nella città metropolitana" che abbiamo organizzato al nostro circolo:

Per il ruolo del sindaco, il nostro Segretario metropolitano parlava di “eroismo”. Ieri, invece, mi è capitato di incontrare un dirigente nazionale delle Acli che è di origine napoletana e ironicamente mi ha detto “ma chisto è ‘nu pazz, è ‘sciuto fantasia, oggi chi fa ‘o sindaco pazzìa” che, di fatto, significa “teniamoci lontani perché i pazzi sono pericolosi”. Evidentemente scherzava ma fino a un certo punto perché - ogni sindaco appena eletto lo può dire - quando ci si trova di fronte ad una serie di problemi che si accumulano sul tavolo e di fronte ai quali ci sono soluzioni molto rarefatte perché rarefatte sono le condizioni materiali per poterle realizzare a partire dai soldi, è chiaro che ci si trova di fronte alla necessità di reinventarsi il compito giorno per giorno.
Quando si dice che il Comune è il primo presidio della democrazia, si dice una cosa vera però poi bisogna anche capire come si declina questo discorso perché parte dalla questione del problema del rinnovo del Piano di Governo del Territorio e della gestione di un piano che noi a Cusano Milanino, stando prima all’opposizione, non avevamo minimamente condiviso e si arriva fino alla signora che ti viene a spiegare che sarebbe meglio se le togliessero una multa che le hanno fatto.
Da questo punto di vista c’è un’evidente complicazione di quello che è il ruolo dei sindaci, dovuto oltretutto anche dal vezzo di attribuire ai Comuni delle responsabilità sempre maggiori per quanto riguarda la vita dei cittadini che però non si accompagnano ad un eguale trasferimento di denaro e di risorse umane.

Da questo punto di vista, quindi, l’area metropolitana – anche se dovremmo tener conto che non tutte le città italiane sono all’interno di una città metropolitana – per noi può diventare un’occasione, nel senso che, come sindaci, dobbiamo e possiamo ripensare a tante cose che nel corso di questi anni abbiamo dato per scontate e cercare di gestirle in modo diverso.
So che molti sono un po’ seccati perché sembra che non ci sia l’elezione diretta del sindaco del Consiglio Metropolitano e che questo sia una diminuzione dal punto di vista democratico, però, invito a riflettere su un elemento: abbiamo visto nel corso di questi anni che cosa è significato, soprattutto in un territorio come il nostro, il dualismo tra un sindaco e un Presidente della Provincia che erano ugualmente eletti e come spesso la Provincia, pur rappresentando molti più cittadini rispetto all’ente Comune, abbia in qualche modo assunto un ruolo di secondo piano. Questo dualismo, infatti, ha finito per schiacciare quello che era il ruolo dell’ente Provincia su una maggiore dinamicità del Comune e sulla maggiore capacità del Comune di interagire sulla vita dei cittadini, al punto tale che molti non ne percepivano più l’utilità. Cioè, i cittadini sono stati indotti a pensare che la Provincia fosse una specie di residuato storico ormai da liquidare e da mettere fra le reliquie del passato.
La Legge 56, invece, recupera il valore di un ente di area vasta soprattutto nei territori che sono stati considerati metropolitani e investe sulla capacità degli amministratori locali di saper pensare e di sapersi assumere la responsabilità del governo di area vasta, uscendo dai loro settorialismi.
È evidente, infatti, che se ogni sindaco con i suoi consiglieri comunali è chiamato a votare per l’elezione del Consiglio Metropolitano (formato da 24 persone), il quale poi sarà titolare di molti poteri nella gestione della città metropolitana, accanto alla Conferenza Metropolitana (che è costituita da tutti i sindaci del territorio dell’attuale provincia di Milano), allora vuol dire che veramente dovremmo essere capaci di non guardare più entro i confini del nostro Comune ma di saperci aprire un po’ ad una dimensione più ampia.
Anche il fatto che il sindaco di Milano abbia di diritto il ruolo del sindaco metropolitano può avere un valore positivo, proprio perché investe il sindaco di Milano della responsabilità anche per lui di guardare oltre quella che è la sua posizione attuale. Noi che veniamo da territori molto vicini a Milano, infatti, soffriamo di un problema che esiste e che è un’egemonia implicita del Comune di Milano su tutta una serie di questioni, soprattutto per quanto riguarda i trasporti, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, la gestione e il governo del territorio perché, implicitamente, le scelte che vengono fatte a livello milanese si scaricano automaticamente su quelli che sono i territori confinanti. A Milano, chi nel corso di questi anni non è riuscito a gestire in modo equilibrato queste funzioni, adesso dovrà imparare a farlo per forza di cose perché si troverà ad esercitare nuovi compiti.

La Legge 56 sicuramente non è stata scritta bene, si poteva anche scrivere meglio ma l’alternativa era non fare esattamente nulla e questo non potevamo più permettercelo, anche perché la consunzione a cui era arrivato il rapporto tra Provincia e territori - anche per colpa di amministratori tipo Guido Podestà - era di natura tale da impedire che si potesse credibilmente continuare su questa strada.
Una qualche riforma era comunque necessaria, è arrivata questa che forse è un po’ troppo condizionata dall’esigenza di voler risparmiare ad ogni costo, perché pensare seriamente che qualcuno possa amministrare un territorio metropolitano senza ricevere alcun tipo di compenso è un po’ utopistico, ma su questo si potrà fare poi una riflessione ulteriore.

Il punto fondamentale credo che sia capire qual è la capacità dei Comuni di interagire guardando oltre il loro orticello e qual è la capacità del Comune di Milano di assumersi la responsabilità dei territori circostanti. Su questo dobbiamo puntare e questo ci consentirà anche di preparare il passaggio successivo, che dovrà essere quello della costruzione di una città metropolitana come ente eletto direttamente dai cittadini.
Questo passaggio intermedio di governo di secondo grado è, dunque, necessario e comunque non è antidemocratico perché i sindaci e i consiglieri comunali sono comunque stati eletti dai cittadini.
Il problema che si pone, a mio giudizio è capire quali saranno le forme con cui verrà esercitato questo passaggio.

Per quanto riguarda i Comuni, credo che il problema principale sia quello della capacità di mettere insieme le “zone omogenee” (questa è proprio un’espressione della Legge 56) e mettere insieme anche i servizi che i Comuni possono esercitare collettivamente.
Tra l’altro, questa è anche una risposta possibile rispetto al problema della diminuzione delle risorse. Cioè, nel momento in cui le risorse sono scarse, si cerca in qualche modo di condividerle su aspetti strategici della vita dei Comuni (a partire dalle politiche sociali) in modo da non abbassare la qualità dei servizi ai cittadini. E questo è anche l’obiettivo che io mi sono posto, l’ho inserito all’interno del mio programma elettorale e lo voglio esercitare fin da subito con gli altri Comuni del territorio del Nord Milano.
Da questo punto di vista, per Comuni come i nostri che sono così vicini al territorio del capoluogo, diventa necessario avere anche un rapporto strutturato con le Zone di Milano limitrofe, le quali rappresentano il livello di base della partecipazione democratica nei territori e dovranno evolvere auspicabilmente a livello di municipalità con delle funzioni e dei poteri propri.
Visto che è presente il Presidente della Commissione Decentramento della Zona 9, lancio la proposta di ipotizzare un incontro fra gli organismi della Zona 9 e i sindaci dei Comuni del Nord Milano in modo da incominciare a valutare quelli che sono i nostri rapporti reciproci e i nostri interessi comuni (ad esempio condividiamo una parte significativa del territorio del Parco Nord) perché esistono le possibilità di un lavoro comune.

Un problema più ampio che si pone, inoltre, riguarda gli “enti strumentali” o “soggetti strumentali”. Durante la mia campagna elettorale a Cusano Milanino, è venuto a parlare di trasporti l’Assessore Maran e gli ho fatto presente che la gente sarà più disposta a credere nella città metropolitana quando vedrà che certi soggetti strumentali fin qui di proprietà del Comune di Milano (aziende municipalizzate) che esercitano delle funzioni anche a livello metropolitano (come ad esempio l’ATM) passeranno dalla proprietà esclusiva del Comune di Milano a quello del nuovo ente città metropolitana.
L’Assessore ha risposto che forse più che il problema degli organi strumentali è quello della governance complessiva e capisco che nella sua posizione non poteva che rispondere così, però, il problema esiste e lo vedo chiaramente come sindaco perché, dal momento in cui vado a parlare di trasporti (abbiamo un servizio di autobus che collega Cusano Milanino con Milano e altri Comuni del nostro territorio), evidentemente l’ATM tenderà a fare riferimento soprattutto all’interesse del suo proprietario (cioè il Comune di Milano).
Credo che questo sia uno dei problemi che in qualche modo si mettono sul tappeto - e non riguarda ovviamente soltanto i trasporti - e che saranno la prova del nove per la città metropolitana. Mentre una prima prova cruciale l’abbiamo già adesso e l’avremo nel corso dell’anno prossimo e sarà quella della gestione di Expo.

venerdì 20 giugno 2014

PD, riforme, Milano e città metropolitana

Intervento del Senatore Franco Mirabelli, all'incontro "Il ruolo del PD nella città metropolitana" che abbiamo organizzato nel nostro circolo:

Continuare a parlare tra noi della vicenda dei senatori che si erano autosospesi è anche un po’ anacronistico.
Non dobbiamo spaventarci di fronte al dissenso o alle discussioni che avvengono al nostro interno. Così come non penso che stia in alcun modo rendendo le cose più difficili la discussione che è in atto nel gruppo PD al Senato – e, più in generale, nel partito - sulla riforma costituzionale. Credo, anzi, che sia una discussione utile.
Una discussione che su molti versi ha pesato, come ad esempio sugli emendamenti che leggiamo oggi sono sui giornali e che hanno proposto i due relatori di maggioranza e di opposizione per modificare la proposta di legge del Governo. Si tratta, inoltre, di questioni che sono state poste nella discussione non solo da chi si è poi autosospeso ma anche da molti altri senatori e, il tutto, è avvenuto all’interno di una discussione serena che si è protratta per nove assemblee del gruppo del PD.
Una serie di questioni erano già state poste dal Governo stesso e, a mio avviso, siamo di fronte a un’ipotesi concreta di poter approvare la prima lettura della riforma costituzionale in Aula al Senato entro la metà di luglio e che lo si possa fare anche con un largo consenso, tenendo conto che facciamo questo sull’onda di una forte spinta che è venuta dal risultato delle elezioni europee.
Inoltre, arriviamo a questo dopo una discussione seria che tiene conto della necessità di cambiare la Costituzione ma garantendo comunque che ci sia un equilibrio tra i poteri nei futuri assetti costituzionali, per evitare che ci sia un eccessivo sbilanciamento e che non ci siano i contrappesi che invece sono necessari.
Personalmente, continuo a pensare siamo in una fase entusiasmante: il risultato elettorale ci ha detto che c’è grande fiducia in noi e in quello che potremmo fare e nella possibilità che noi diventiamo i protagonisti di un cambiamento vero di questo Paese. L’esito del voto ci dice che oggi ci sono le condizioni per fare, per cambiare davvero: non per fare solo piccoli aggiustamenti ma per mettere in discussione una serie di assetti consolidati che hanno pesato su questo Paese, che lo hanno reso meno dinamico e più difficile da governare e che hanno reso più difficile guardare al futuro dell’Italia con ottimismo. In particolare, ritengo che il risultato elettorale ci dica che oggi siamo riusciti, per una parte importante dei cittadini italiani, a recuperare la credibilità, come Renzi aveva detto fin dall’inizio. Noi avevamo necessità di recuperare credibilità, di restituire credibilità alla politica e alle istituzioni e questo lo si ottiene se rendiamo evidente che cambiare le cose è possibile, che c’è una volontà reale di farlo e, oggi, credo che lo stiamo facendo.
Questo non significa che le cose siano facili, però, oggi abbiamo una grandissima responsabilità che ci deriva dall’esito del voto per le europee. Dopo questo risultato elettorale, se non riusciamo a fare le cose o perdiamo questa occasione, infatti, è evidente che sarebbe un disastro per il PD ma sarebbe un disastro anche per il Paese.
Tutte le riforme vanno discusse, da quella che è stata annunciata in questi giorni sulla Pubblica Amministrazione alle altre che sono state messe in campo, però il punto è che poi devono essere fatte: oggi sarebbe un delitto non cogliere questa spinta che viene dagli elettori!

Questo però significa alcune cose anche rispetto a Milano e al Partito Democratico: noi dobbiamo cominciare a pensare al partito in un altro modo. Dobbiamo cominciare a pensare, ad esempio, che il Partito Democratico debba essere meno rivendicativo: oggi siamo una forza che ha il 40,8% di voti e abbiamo la responsabilità di fare le cose, non di rivendicare.
In merito alla discussione sul rapporto tra gruppo consiliare del PD e amministrazione comunale di Milano, dobbiamo sapere che il punto oggi non è rivendicare ma stabilire qual è la proposta politica che il partito di maggioranza di questa città mette in campo e che vuole portare a casa.
Non penso, dunque, che il tema sia rivendicare spazi in astratto ma, al contrario, dire con chiarezza che cosa vogliamo e poi, su quello, far pesare la propria forza.
Allo stesso modo, penso che tutto il partito, anche i circoli, da questo punto di vista, debbano cambiare la prospettiva. Ormai ci siamo abituati da molto tempo ad una discussione molto concentrata su di noi, a volte anche molto autoreferenziale ma adesso, invece, abbiamo bisogno di una discussione che faccia il conto con il fatto che i cittadini, oggi, sono convinti che noi abbiamo tutti gli strumenti per fare delle cose o comunque pensano di averci dato tutti gli strumenti per fare delle cose e noi dobbiamo guardare a questo come ad un punto fondamentale. Questo non vuol dire rinunciare alla discussione interna ma i circoli non possono essere solo la sede per questo, anzi, devono essere uno dei presidi del lavoro che il PD si deve intestare rispetto all’affrontare i problemi.

In merito all’area metropolitana, abbiamo fatto la legge Delrio che ne stabilisce i tempi e le modalità di costruzione.
Dovremmo fare una riflessione anche con il Governo sul fatto che per Milano, per l’importanza e la dimensione che ha, forse bisognerebbe ragionare su una legge speciale per garantire che l’area metropolitana milanese abbia i poteri per intervenire sulle materie che la Costituzione riconosce alle aree metropolitane (la possibilità di indirizzo, i trasporti, il governo del territorio ecc.), così come si è fatto per Roma.
Su questo possiamo ragionare perché è ancora un capitolo aperto, per il resto, invece, il percorso è designato. E questo percorso è dentro al ragionamento di riforma complessiva dello Stato che stiamo mettendo in campo, è parte del ragionamento che ci ha portato all’abolizione delle Province ed è parte del ragionamento che oggi ci porta a costruire un Senato delle autonomie che dà un’attenzione, un ruolo e una funzione diversa ai territori e configura un Paese in cui i territori hanno maggior forza.
Il nuovo Senato sarà anche il ramo del Parlamento che si occuperà dei rapporti con i territori, dei rapporti con l’Europa, dei finanziamenti europei e di una serie di altre cose.
Dentro a questo schema, c’è un’attenzione maggiore al peso dei territori sulle decisioni dello Stato, rispetto a quella che vi era nella forma precedente. Inoltre, dentro a questo, credo che si collochi anche il ragionamento della costituzione delle aree metropolitane, che devono mettere in campo ciò che serve alle grandi aree di questo Paese per avere gli strumenti per crescere, svilupparsi e costruire un futuro.

In questo senso ci sono tre aspetti che meritano di essere approfonditi.
Innanzitutto la questione di Expo.
Fare l’Expo senza creare un governo della città metropolitana forte, a mio avviso, depotenzia ciò che l’Expo può rappresentare per quest’area del Paese. Expo è una grande manifestazione che può lasciare qui i germogli di una vocazione economica internazionale che quest’area del Paese si può giocare se c’è uno strumento dell’area metropolitana che ha la forza di investire in ciò.
Come veniva richiamato in alcune riflessioni, il tema di Expo non è secondario: non stiamo preparandoci a fare una fiera. Il tema di Expo, “Nutrire il Pianeta” è fondamentale e investe le filiere dell’alimentazione, la ricerca, le questioni che riguardano l’agricoltura. Inoltre, siamo la provincia in cui c’è la maggior presenza di aziende agricole in Italia.
Se Expo è questo, significa che Milano e l’area metropolitana milanese possono diventare da qui in avanti il punto di riferimento nel mondo su questi temi (le catene alimentari, i centri di ricerca…).
Guardando al futuro da questo punto di vista, è evidente che su Expo bisognerà investire e ci vuole un soggetto forte capace di investire su questo perché Expo produca posti di lavoro, produca un’eccellenza che diventi un marchio nel mondo di questa realtà, così come è stato per la moda o per il design.

Un’altra questione riguarda la possibilità o meno di elezione diretta del sindaco della città metropolitana. Questa è una questione molto seria che non va vista – come invece abbiamo fatto spesso nella nostra discussione – in termini secondo cui bisogna eleggere direttamente il sindaco della città metropolitana perché altrimenti i Comuni che non sono Milano si sentono defraudati e quindi non accettano di entrare nell’area.
In questi anni abbiamo discusso spesso di come convincere gli altri Comuni a entrare nell’area metropolitana in cui Milano ha un peso molto significativo.
Sicuramente il PD deve lavorare per l’elezione diretta del sindaco della città metropolitana ma deve farlo perché questo determina la possibilità di avere più o meno poteri per la città metropolitana stessa. Personalmente, non sarei favorevole all’attribuzione ad un soggetto che non ha una legittimazione popolare delle quote di Serravalle, piuttosto che di Pedemontana o SEA, MM o altro.
È chiaro che la legittimazione popolare dà una forza a chi governa e in nome di quella forza si possono riconoscere poteri o altro. Il dare il potere di decidere sul trasporto pubblico (che è da rivendicare dalla Regione) oppure sugli assetti del territorio ad un soggetto non eletto direttamente, a mio avviso, è problematico: è molto più naturale che ad un soggetto non eletto direttamente venga concesso di dare indirizzi ma dovrà lasciare altrove (magari ai singoli sindaci o alla Regione) il potere di dire l’ultima parola.

L’ultima questione che voglio affrontare riguarda il coinvolgimento dei cittadini.
Siamo già dentro al percorso di costruzione della città metropolitana ma mi domando se dobbiamo esaurire questo percorso soltanto dentro agli ambiti istituzionali (attraverso le riunioni dei sindaci, i seminari) oppure non dobbiamo cominciare a ragionare su alcune cose concrete che possano invece interessare i cittadini.
Ad esempio, si è detto che una delle priorità del PD è il tema della casa, quindi, mi viene da pensare che sul tema della casa dobbiamo mettere in campo delle politiche concrete di area metropolitana.
Il Comune di Milano sta ragionando di realizzare un’Agenzia per fare incontrare domanda e offerta abitativa, sfruttando anche i finanziamenti della legge nazionale e la possibilità di utilizzare i Fondi sostegno affitti ecc. Perché non ragionare, invece, su un’Agenzia metropolitana? Siccome la gestione delle case popolari da parte dei privati è stata deficitaria, visto che si preannuncia l’interruzione del rapporto per la gestione delle case del Comune di Milano da parte di Aler, possiamo ragionare con gli altri Comuni (e alcuni hanno tante case popolari) per vedere se si riesce a costruire un’azienda metropolitana di gestione controllata dai Comuni, che parte senza il debito enorme che ha Aler e costruiamo una proposta di gestione metropolitana?
Ritengo, quindi, che dobbiamo cominciare a pensare a cose di questo tipo anche per cercare di interessare i cittadini al tema dell’area metropolitana. Credo, infatti, che possa essere utile cominciare a tradurre concretamente il tema dell’area metropolitana.

domenica 15 giugno 2014

Il 40,8% è un investimento per cambiare l'Italia

“Bello rivedersi dopo una straordinaria vittoria. Ciascuno avverta l'emozione di questo risultato del 40,8% alle europee, che ci carica di una responsabilità che fa tremare i polsi". Così il premier Matteo Renzi ha aperto i lavori dell'Assemblea nazionale del PD, dall'Hotel Ergife a Roma.
“E’ fondamentale fotografare questo dato, che non è solo il dato del segretario o di un gruppo dirigente, è un risultato che è un'attestazione di speranza. Un dato per molti aspetti sconvolgente, è dal 1958 che nessun partito prendeva tanto. Ma non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza per provare a cambiare il Paese. Gli italiani hanno detto non ce n'è più per nessuno, se fallite, fallite anche voi”.
Risultati Elezioni. "Siamo felici di tutti i comuni vinti - ha detto il premier - ma prendere Casal di Principe, il comune di don Peppe Diana, con una battaglia contro la Camorra è straordinario. Ai ballottaggi il fatto che ci sono state delle sconfitte non può mettere in secondo piano i tanti comuni dove abbiamo raccolto risultati inaspettati. A tutti i sindaci eletti - ha aggiunto - vada l'abbraccio di tutta la comunità del PD, e un augurio di buon lavoro. Un augurio anche ai sindaci di destra e del M5S", ha aggiunto.
"Su tre temi dovremo giocare la battaglia delle prossime settimane", ha annunciato il segretario del PD: "l'Europa, la sconvolgente disoccupazione giovanile e una gigantesca campagna per l'educazione che riguardi anche Rai, scuola, università”.
Combattere la disoccupazione. “Il 40,8% è una percentuale che stupisce. Ma ricordiamoci che c'è un'altra percentuale che sconvolge con il 4 davanti e continua a crescere: la disoccupazione giovanile. Sul breve periodo in Italia dobbiamo combatterla e recuperare speranza, entusiasmo, perché c'è tanta domanda di bella Italia nel mondo, c'è tanta voglia di un'Italia che torni a correre e a esprimere speranza".
Europa. "Vorrei presentarvi il partito d'Europa che ha preso il maggior numero di voti dei cittadini: siete voi”, ha detto Renzi, rivolto alla platea.
“Il nostro modello d'Europa cambia le regole. Se non modificheremo l'impostazione dell'Europa sarà una delle più grandi occasioni perse. Il PD va in Europa non per farsi spiegare cosa deve fare, ma per proporre con rispetto delle soluzioni che parlino di più alle imprese e alle famiglie e un po' meno a chi vive di rendita”.
Commissione europea: "Chi si candida alla guida della Commissione Ue ci chiarisca prima che intende fare sugli investimenti per la crescita e lo sviluppo. Le regole si applicano con un minimo di buon senso, cosa che talvolta in questi anni è mancato. E' vero che non possiamo mettere diktat, e nessun Paese può farlo, sulla scelta del presidente della Commissione Europea. Non è un dibattito sull'Inghilterra, noi vogliamo mandarla a casa questa sera ai Mondiali, non dall'Europa", ha aggiunto ironicamente.
Rai. "La discussione sulla Rai va aperta sul serio: i partiti in questi anni sulla Rai hanno pensato di poter avere ruolo e di poter giocare un piccolo potere. La storia della Rai è di grandissima bellezza, ma anche di una presenza forte dei politici. O prendiamo in mano la questione Rai, convinti che si tratti di uno straordinario vettore educativo per le prossime generazioni, con una informazione libera e programmi che arricchiscono l'Italia, o siamo in grado di fare una grande discussione in cui teniamo insieme scuola, cultura e rete o finiamo in pasto al sindacato di turno".
Per Renzi "se continuiamo a pensare che la Rai ha quel numero di dipendenti, di sedi, quelle realtà economiche così stravaganti, quel potere pervasivo della politica, se pensiamo di continuare così, non andiamo da nessuna parte".
Avanti con la rottamazione. “La politica non è per sempre. Facevo la battaglia per la rottamazione quando ero minoranza nel PD. La faccio ancora di più ora che sono segretario. Ciascuno di noi deve avere la consapevolezza che non è più il tempo di dire che la politica è per sempre. Stiamo cercando di portare un rinnovamento anche negli stili e nei comportamenti, dobbiamo avere il coraggio di dire che un'esperienza politica non si fa per tutta la vita, al contrario si può mantenere l'impegno civile per tutta la vita in quanto non ci si dimette da cittadini".
Sulla giustizia niente sconti. “Sulla corruzione siamo quelli che non fanno sconti a nessuno, neanche a noi stessi. Noi siamo un partito che quando uno di noi, iscritto o meno, patteggia per una operazione di finanziamento illecito, gli chiediamo di fare passo indietro. Chi patteggia significa che è colpevole, chi è colpevole è giusto che non faccia il sindaco", ha affermato Renzi alludendo al caso Orsoni. Renzi si è poi rivolto all'assemblea del PD: "Se c'è qualcuno di noi che ha informazioni o notizie di reato, salga i gradini di un palazzo di giustizia e vada a raccontarlo ai magistrati prima che i magistrati vengano a chiederlo a lui. Lo faccia per rispetto agli uomini e alle donne delle feste dell'Unità".
Il PD partito garantista. "Ci sarà la riforma della giustizia che sta preparando il ministro Orlando. Il PD è quel partito che non ha paura di vincere la sfida del garantismo. Noi siamo garantisti sul serio. A chi ci chiedeva la testa di sottosegretari solo per un avviso di garanzia, abbiamo detto che non è accettabile l'idea che un avviso di garanzia costituisca un elemento per mandare a casa qualcuno. Non è un elemento di condanna".
Riforme. "Abbiamo un elenco di cose da fare impressionante. La riforma della Pa si collega con la riforma del Terzo Settore, con la riforma della Giustizia, e noi pensiamo che il terzo settore non sia il terzo, ma il primo. Inoltre, dopo la chiusura della legge elettorale, nel mese di settembre, dovremo realizzare un impegno vincolante per la nostra comunità sul quale non possiamo tirare indietro: il Parlamento sarà chiamato a lavorare su una proposta del PD sui diritti civili.
Entro luglio - ha annunciato - dobbiamo avere il coraggio di presentare un provvedimento di legge sulle infrastrutture perché per anni si è basato su regole astruse e su sistemi di controlli che erano sistematicamente elusi. Il nostro intervento sulle infrastrutture sarà uno degli interventi più forti della storia d'Italia''.
Infine Renzi ha replicato duramente alle parole di Corradino Mineo: "Nessuna espulsione, ma non possiamo permettere a qualcuno di ricattare con la sua presenza la posizione del Pd". Inoltre, ha tenuto a sottolineare Renzi: "Fate di me ciò volete, ma chi ha usato il termine 'autistico' ha offeso migliaia di persone: non è giusto per chi vive una situazione di sofferenza e di bellezza. Toccate pure me ma lasciate stare i ragazzi disabili”.
Il segretario del Pd ha concluso l'intervento annunciando che le feste del partito torneranno a chiamarsi 'Feste dell'Unità', perché, ha detto "dobbiamo colorare questa storia di futuro".



All'assemblea Nazionale di sabato è intervenuto anche il senatore Franco Mirabelli, iscritto al nostri circolo, qui il video del suo intervento»



lunedì 9 giugno 2014

Il PD conquista la lombardia

La Lombardia ha cambiato verso: al Partito Democratico sono andati alcuni importanti capoluoghi e quasi tutti i piccoli Comuni!

Il centrosinistra vince le sfide più attese dei ballottaggi in Lombardia, quelle dei capoluoghi, e conquista 7 Comuni su 9 nel Milanese e 4 su 5 nella provincia di Monza e della Brianza. Giorgio Gori, lo sfidante del centrosinistra, è il nuovo sindaco di Bergamo: ha battuto Franco Tentorio, del centrodestra, con il 55,5% dei voti (oltre 26mila preferenze). A Pavia, Massimo Depaoli del centrosinistra ha battuto con il 53% dei voti il sindaco uscente di centrodestra Alessandro Cattaneo, che pure partiva con 10 punti di vantaggio. A Cremona, Gianluca Galimberti del centrosinistra ha battuto con il 56,3% il sindaco uscente Oreste Perri. A Cesano Boscone si conferma il centrosinistra, con Simone Negri al 69% dei voti contro il candidato del centrodestra Fabio Raimondo.
A Cusano Milanino netta sconfitta del sindaco uscente Sergio Ghisellini del centrodestra, battuto da Lorenzo Gaiani del centrosinistra con il 63% del voti. A Peschiera Borromeo Luca Zambon del centrosinistra supera con il 65% dei voti il sindaco uscente Antonio Falletta del centrodestra con il 35%. A Novate Milanese il sindaco uscente Lorenzo Guzzeloni (centrosinistra) si conferma con il 65,8% su Maurizio Piovani del centrodestra. A Melzo il candidato del centrosinistra Antonio Bruschi ha battuto per una manciata di voti il sindaco uscente Vittorio Perego, sostenuto da una lista civica. A Rozzano, Comune già amministrato dal centrosinistra, la candidata del centrosinistra Barbara Agogliati ha battuto il candidato del centrodestra Giovanni Ferretti con oltre il 60% dei voti. A Trezzano sul Naviglio il candidato del centrosinistra Fabio Bottero batte con il 71,5% Giuseppe Russomanno. Il centrodestra ha invece espugnato Pioltello, con Cristina Carrer che ha superato con il 55% dei voti Saimon Gaiotto, del centrosinistra, che si è fermato al 45%. E a Paderno Dugnano si conferma con il 55,1% il sindaco uscente Marco Alparone del centrodestra, contro la sfidante Antonella Caniato.
Monza e Brianza - Nei Comuni della provincia di Monza e della Brianza, quattro vanno al centrosinistra e uno al centrodestra. A Bovisio Masciago Giuliano Soldà del centrosinistra ha vinto con il 56,4% contro Raffaella Damonte del centrodestra. A Muggiò, Maria Fiorito del centrosinistra ha battuto con il 53,2% dei voti il sindaco uscente Pietro Zanantoni del centrodestra. A Giussano, il sindaco uscente Matteo Riva del centrosinistra batte con il 55,8% dei voti l’avversario Ettore Trezzi. A Concorezzo, invece, vince il centrodestra: si conferma il sindaco uscente Riccardo Borgonovo con il 55,9% dei voti, su Massimo Canclini. A Besana Brianza Sergio Cazzaniga del centrosinistra batte Alcide Riva del centrodestra con il 56,5% dei voti.
L’affluenza in crollo: alle 23, alla chiusura delle urne, aveva votato il 51,20% degli aventi diritto, contro il 70,73% del primo turno. Nei Comuni del Milanese, l’affluenza media è stata del 45,95%, contro il 70,09% del primo turno. L’affluenza più bassa a Rozzano, con il 40,53% (contro il 67,60% del primo turno). La più alta a Paderno Dugnano, con il 51,07% (era 70,93%). A Cesano Boscone ha votato il 40,57% degli elettori, contro il 69,13% del primo turno (quasi 30%in meno). In Brianza, l’affluenza è stata del 47,03%, contro il 70,44% del primo turno.



Il risultato dei ballottaggi è chiaro. Il Pd di Matteo Renzi e il centrosinistra, rispetto al passato, avanzano. E aumentano i centri amministrati: da 112 "comuni superiori" si è passati a 141, e da 16 capoluoghi ora il centrosinistra ne governa 19 (il centrodestra ne perde invece 46, +2 per il M5S). Complessivamente, fra primo e secondo turno, il Pd batte il centrodestra 160 a 37.
Ma c'è anche un'amara sorpresa per il Pd, che forse è il simbolo spartiacque di una nuova era politica. Da Livorno, storica roccaforte della sinistra, arriva un risultato clamoroso: il candidato del M5S Filippo Nogarin, appoggiato anche dalla sinistra radicale, ha vinto, superando Marco Ruggeri del centrosinistra: 53 a 47%. Nogarin, festeggiando la vittoria, ha parlato di "colpo al cuore del Partito Democratico".
Esito che aprirà sicuramente un grande dibattito a sinistra, come dimostra il tweet del segretario di Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero (vedi sotto). I grillini conquistano anche Civitavecchia, dove il candidato pentastellato Antonio Cozzolino ha vinto con il 65%.
Pure a Perugia, Potenza e Padova, il centrosinistra esce, a sorpresa, sconfitto. Andrea Romizi del centrodestra ha conquistato il capoluogo umbro con il 58%, sconfiggendo Wladimiro Boccali del Pd, che si ferma al 42%. Un altro risultato clamoroso, visto che Perugia è uno storico fortino della sinistra.
A Padova, invece, ha vinto Massimo Bitonci, candidato della Lega Nord e sostenuto dal centrodestra tutto, grazie al 53 per cento dei voti, contro il 47 di Ivo Rossi, vice dell'ex sindaco democratico e bersaniano Flavio Zanonato, che aveva governato la città per dieci anni e che aveva lasciato il suo posto proprio a Rossi dopo esser diventato ministro nel governo Letta.
E da Potenza arriva un altro risultato clamoroso. Ha vinto infatti Dario De Luca (Fratelli d'Italia e altre liste di centrodestra) con oltre il 58%, nonostante al primo turno il suo avversario, Luigi Petrone (centrosinistra), avesse sfiorato la vittoria con il 47,8 per cento dei voti. In quella circostanza, De Luca aveva ottenuto solo il 16,7 per cento, ma sufficiente per ribaltare il risultato al ballottaggio.
Per il resto, il Pd non ha certo sfigurato. Anzi, ha guadagnato comuni rispetto all'ultima tornata e in alcune aree storicamente di centrodestra, come Pavia, è riuscito a vincere, specchio di un momento spartiacque della sua storia politica. Tra le vittorie democratiche spunta sicuramente quella di Bari dove ha trionfato Antonio Decaro con il 65,4 per cento ("Un risultato straordinario", ha commentato il nuovo sindaco), davanti al candidato del centrodestra Mimmo Di Paola (34,6%). Il Pd però perde Foggia, per un pelo, con Franco Nardella (Forza Italia e centrodestra) che ottiene il 50,3%, davanti ad Augusto Marasco.
Altre vittorie, importanti, del centrosinistra ci sono state a Modena con Gian Carlo Muzzarelli e il 63% dei voti davanti a Marco Bortolotti del M5S che si è fermato al 36,3%, e soprattutto a Bergamo, con il renziano Giorgio Gori che la spunta con il 53,5%, mentre l'avversario Franco Tentorio (centrodestra) è arrivato al 46,5%. "Tutta la coalizione ha saputo interpretare nel modo giusto il desiderio di cambiamento di una città che storicamente non è mai stata orientata a sinistra", ha dichiarato Gori a caldo.
Ma al centrodestra il Pd ha strappato anche altre città, conquistando tra l'altro tutti i principali centri piemontesi: Biella (dove ha vinto Marco Cavicchioli con il 59%, davanti a Dino Gentile), Verbania (Silvia Marchionni al 77% contro Mirella Cristina in una sfida tutta femminile), Vercelli (con Maura Forte al 67% davanti a Enrico Demaria), e, in Lombardia, Cremona (Gianluca Galiberti l'ha spuntata con il 56% su Oreste Perri), ma soprattutto Pavia, dove Carlo Cattaneo, sindaco uscente di centrodestra e considerato uno dei più giovani e più amati amministratori d'Italia, ha perso sorprendentemente la sfida contro il democratico Massimo Depaoli, che ha ottenuto il 53%.
I democratici la spuntano anche a Pescara, anche questa strappata al centrodestra, con Marco Alessandrini davanti con il 66,3% al sindaco uscente Luigi Mascia (Forza Italia e altri, 33,7%), a Terni, dove Leopoldo Di Girolamo ha sconfitto Paolo Crescimbeni del centrodestra con il 59,5% e, più nota simbolica, Porcia (Pordenone), sede Electrolux, dove ha vinto Giuseppe Gaiarin contro Marco Sartini (59 a 41).
Da segnalare anche la vittoria di Renato Franco Natale, che torna a guidare il comune di Casal di Principe (Caserta) dopo la breve esperienza nel 1993. Da anni impegnato contro la criminalità organizzata, ha ottenuto il 68% delle preferenze. Il neo sindaco è componente di Libera, l'associazione impegnata nel recupero dei beni confiscati alle mafie.
L'affluenza, intanto, è crollata: il dato definitivo dell'affluenza ai ballottaggi per le elezioni comunali è del 49,49% contro il 70,61% del primo turno.

Fonte: Repubblica



“Dopo il risultato straordinario ottenuto dal centrosinistra nei Comuni lombardi e la sconfitta storica subita dal centrodestra, sarà il caso che il Presidente Maroni, anziché continuare a dispensare consigli al Governo nazionale, rifletta sul giudizio negativo da parte degli elettori che coinvolge anche il suo governo regionale”. Questo il commento di Franco Mirabelli, senatore del Partito Democratico e iscritto del nostro Circolo, all’esito dei ballottaggi in Lombardia.
“Ormai solo due capoluoghi di provincia in Lombardia sono rimasti al centrodestra e hanno perso in tutti i piccoli Comuni, con rarissime eccezioni. - prosegue Mirabelli - Evidentemente Maroni non ha saputo rispondere ai bisogni dei cittadini lombardi e degli stessi ceti produttivi della nostra Regione. Casa, sanità, taglio delle spese inutili restano questioni urgenti. L’immobilismo della Regione e del centrodestra è evidentemente stato punito dagli elettori”.