Vi proponiamo la lettura di alcuni articoli segnalati dai nostri iscritti:
La distanza maggiore tra i contendenti alla guida del Pd riguarda, prima e più delle persone e delle politiche, l’idea stessa del partito. Lo si capisce dai documenti congressuali e ancora meglio dalle battute: «Non vogliamo diventare un comitato elettorale», «Non vogliamo un primattore come leader», «Aprire le primarie alla destra è come far scegliere l’amministratore di un condominio a quelli di un altro condominio». Sono parole che indicano la sofferenza e il rigetto di quel che sarebbe indispensabile in un sistema bipolare: l’uso del partito come mezzo per vincere le elezioni, la centralità personale del leader-premier, la necessità di prender voti fuori dal recinto ereditato e di «rubarli» agli avversari. Le distanze tra Renzi e gli altri sono abissali e descrivono una forma politica che sta attraversando una profonda crisi, che sarà evolutiva nel caso migliore, e autodistruttiva in quello peggiore. Si tratta della evoluzione, tardiva per il Pd (doveva cominciare nel 2007, con il discorso di Veltroni al Lingotto, se non prima), che va dal partito organizzativo di massa, nella sua forma classica, europea, novecentesca, al partito elettorale (pure di massa) e pigliatutto; evoluzione complicata e aggravata dal passaggio fallito, tutto italiano, da un quarantennio proporzionalista a un incompiuto e disfunzionante bipolarismo. Continua a leggere>>
Nunzio Mastrolia: Non ha fallito il capitalismo, ma la politica. Ritorniamo alla Costituzione.
Quali sono le cause della crisi economica? In una pubblicazione del 2011 ho suggerito la seguente interpretazione. La crisi è il frutto di un paradigma politico-filosofico (il paradigma hayekiano o neoliberismo, per esser chiari) la cui applicazione ha generato una crisi sociale, che a sua volta ha prodotto una crisi economica e finanziaria. Il fallimento di quel paradigma-mondo ha lasciato un vuoto politico, causando, di conseguenza una ulteriore crisi: quella politica per l’appunto. Un ciclo, dunque: da una crisi politica all’altra. Continua a leggere>>
Intervista al sociologo francese Alain Touraine: La fine della società
Da molti anni Alain Touraine si è imposto come uno dei più attenti e fini osservatori del divenire della nostra società. Di libro in libro, con paziente determinazione, il sociologo francese scruta e analizza i caratteri e le trasformazioni di un mondo che, da postindustriale, è ormai diventato «post-sociale ». Un’evoluzione che è al centro anche del suo ultimo denso saggio, La fin des sociétés (Seuil, pag.657, euro 28), summa teorica di mezzo secolo di ricerche e analisi, nella quale spiega come il dominio del capitalismo finanziario abbia ormai rimesso in discussione e reso inservibili tutte le costruzioni sociali del passato. Di fronte a questa vera e propria «fine delle società», dove anche i movimenti sociali sembrano non avere più presa sul reale, per lo studioso, che ha da poco compiuto ottantotto anni, non resta che affidarsi alla resistenza etica, unica capace di ridare un senso al vivere e all’agire collettivo. Continua a leggere>>
Da molti anni Alain Touraine si è imposto come uno dei più attenti e fini osservatori del divenire della nostra società. Di libro in libro, con paziente determinazione, il sociologo francese scruta e analizza i caratteri e le trasformazioni di un mondo che, da postindustriale, è ormai diventato «post-sociale ». Un’evoluzione che è al centro anche del suo ultimo denso saggio, La fin des sociétés (Seuil, pag.657, euro 28), summa teorica di mezzo secolo di ricerche e analisi, nella quale spiega come il dominio del capitalismo finanziario abbia ormai rimesso in discussione e reso inservibili tutte le costruzioni sociali del passato. Di fronte a questa vera e propria «fine delle società», dove anche i movimenti sociali sembrano non avere più presa sul reale, per lo studioso, che ha da poco compiuto ottantotto anni, non resta che affidarsi alla resistenza etica, unica capace di ridare un senso al vivere e all’agire collettivo. Continua a leggere>>
Eugenio Scalfari: Se vince Grillo, Paese a rotoli - La Repubblica il 3 novembre 2013
Grillo e l’Europa. Mi sembra questo il tema di maggiore attualità: la campagna elettorale che il proprietario e leader del Movimento 5 Stelle ha già aperto in vista delle elezioni europee del maggio 2014 e di quelle italiane che egli si augura e fa di tutto per provocare il più presto possibile. Si tratta di una campagna di destra, una destra xenofoba contro gli immigrati, qualunquista contro i partiti (tutti i partiti, nessuno escluso) e contro le istituzioni, dal capo dello Stato al presidente del Consiglio ai ministri (tutti i ministri) e contro la magistratura e la Corte costituzionale. Continua a leggere>>
Dai calamari a direttore dell’Unità - Luca Landò è stato nominato direttore de L’Unità, testata che nel 2014 festeggerà i novant’anni dalla fondazione. E’ il primo direttore di un quotidiano che proviene dal mondo della ricerca.
Direttore Landò, come mai ha deciso di lasciare il mondo della ricerca? "Semplicemente perché una passione ha prevalso sull’altra. Appena laureato in biologia, ho risposto subito a un annuncio di lavoro trovato su Nature. A Berkeley ho fatto ricerche sulla trasmissione sinaptica del calamaro gigante. Nel frattempo, però continuavo a portare avanti l’hobby del giornalismo, collaboravo, infatti, con La Repubblica. Raccontavo del mondo dello sport made USA e la cosa mi divertiva tantissimo. Di giorno facevo studi di biofisica e di sera scrivevo del soccer. Dopo 7 anni di studi americani e prestigiose pubblicazioni tra cui Science, ho deciso di tornare in Italia per coltivare un po’ di più il mio amore verso la scrittura e il giornalismo in genere. Ho trovato spazio sul Il Giornale di Montanelli, dove ho creato le pagine dedicate alla scienza e dopo un fugace ritorno al di là dell’oceano per continuare degli studi, ho deciso di dedicarmi al giornalismo scientifico".Continua a leggere>>