Intervento del Senatore Franco Mirabelli, all'incontro "Il ruolo del PD nella città metropolitana" che abbiamo organizzato nel nostro circolo:
Continuare a parlare tra noi della vicenda dei senatori che si erano autosospesi è anche un po’ anacronistico.
Non dobbiamo spaventarci di fronte al dissenso o alle discussioni che avvengono al nostro interno. Così come non penso che stia in alcun modo rendendo le cose più difficili la discussione che è in atto nel gruppo PD al Senato – e, più in generale, nel partito - sulla riforma costituzionale. Credo, anzi, che sia una discussione utile.
Una discussione che su molti versi ha pesato, come ad esempio sugli emendamenti che leggiamo oggi sono sui giornali e che hanno proposto i due relatori di maggioranza e di opposizione per modificare la proposta di legge del Governo. Si tratta, inoltre, di questioni che sono state poste nella discussione non solo da chi si è poi autosospeso ma anche da molti altri senatori e, il tutto, è avvenuto all’interno di una discussione serena che si è protratta per nove assemblee del gruppo del PD.
Una serie di questioni erano già state poste dal Governo stesso e, a mio avviso, siamo di fronte a un’ipotesi concreta di poter approvare la prima lettura della riforma costituzionale in Aula al Senato entro la metà di luglio e che lo si possa fare anche con un largo consenso, tenendo conto che facciamo questo sull’onda di una forte spinta che è venuta dal risultato delle elezioni europee.
Inoltre, arriviamo a questo dopo una discussione seria che tiene conto della necessità di cambiare la Costituzione ma garantendo comunque che ci sia un equilibrio tra i poteri nei futuri assetti costituzionali, per evitare che ci sia un eccessivo sbilanciamento e che non ci siano i contrappesi che invece sono necessari.
Personalmente, continuo a pensare siamo in una fase entusiasmante: il risultato elettorale ci ha detto che c’è grande fiducia in noi e in quello che potremmo fare e nella possibilità che noi diventiamo i protagonisti di un cambiamento vero di questo Paese. L’esito del voto ci dice che oggi ci sono le condizioni per fare, per cambiare davvero: non per fare solo piccoli aggiustamenti ma per mettere in discussione una serie di assetti consolidati che hanno pesato su questo Paese, che lo hanno reso meno dinamico e più difficile da governare e che hanno reso più difficile guardare al futuro dell’Italia con ottimismo. In particolare, ritengo che il risultato elettorale ci dica che oggi siamo riusciti, per una parte importante dei cittadini italiani, a recuperare la credibilità, come Renzi aveva detto fin dall’inizio. Noi avevamo necessità di recuperare credibilità, di restituire credibilità alla politica e alle istituzioni e questo lo si ottiene se rendiamo evidente che cambiare le cose è possibile, che c’è una volontà reale di farlo e, oggi, credo che lo stiamo facendo.
Questo non significa che le cose siano facili, però, oggi abbiamo una grandissima responsabilità che ci deriva dall’esito del voto per le europee. Dopo questo risultato elettorale, se non riusciamo a fare le cose o perdiamo questa occasione, infatti, è evidente che sarebbe un disastro per il PD ma sarebbe un disastro anche per il Paese.
Tutte le riforme vanno discusse, da quella che è stata annunciata in questi giorni sulla Pubblica Amministrazione alle altre che sono state messe in campo, però il punto è che poi devono essere fatte: oggi sarebbe un delitto non cogliere questa spinta che viene dagli elettori!
Questo però significa alcune cose anche rispetto a Milano e al Partito Democratico: noi dobbiamo cominciare a pensare al partito in un altro modo. Dobbiamo cominciare a pensare, ad esempio, che il Partito Democratico debba essere meno rivendicativo: oggi siamo una forza che ha il 40,8% di voti e abbiamo la responsabilità di fare le cose, non di rivendicare.
In merito alla discussione sul rapporto tra gruppo consiliare del PD e amministrazione comunale di Milano, dobbiamo sapere che il punto oggi non è rivendicare ma stabilire qual è la proposta politica che il partito di maggioranza di questa città mette in campo e che vuole portare a casa.
Non penso, dunque, che il tema sia rivendicare spazi in astratto ma, al contrario, dire con chiarezza che cosa vogliamo e poi, su quello, far pesare la propria forza.
Allo stesso modo, penso che tutto il partito, anche i circoli, da questo punto di vista, debbano cambiare la prospettiva. Ormai ci siamo abituati da molto tempo ad una discussione molto concentrata su di noi, a volte anche molto autoreferenziale ma adesso, invece, abbiamo bisogno di una discussione che faccia il conto con il fatto che i cittadini, oggi, sono convinti che noi abbiamo tutti gli strumenti per fare delle cose o comunque pensano di averci dato tutti gli strumenti per fare delle cose e noi dobbiamo guardare a questo come ad un punto fondamentale. Questo non vuol dire rinunciare alla discussione interna ma i circoli non possono essere solo la sede per questo, anzi, devono essere uno dei presidi del lavoro che il PD si deve intestare rispetto all’affrontare i problemi.
In merito all’area metropolitana, abbiamo fatto la legge Delrio che ne stabilisce i tempi e le modalità di costruzione.
Dovremmo fare una riflessione anche con il Governo sul fatto che per Milano, per l’importanza e la dimensione che ha, forse bisognerebbe ragionare su una legge speciale per garantire che l’area metropolitana milanese abbia i poteri per intervenire sulle materie che la Costituzione riconosce alle aree metropolitane (la possibilità di indirizzo, i trasporti, il governo del territorio ecc.), così come si è fatto per Roma.
Su questo possiamo ragionare perché è ancora un capitolo aperto, per il resto, invece, il percorso è designato. E questo percorso è dentro al ragionamento di riforma complessiva dello Stato che stiamo mettendo in campo, è parte del ragionamento che ci ha portato all’abolizione delle Province ed è parte del ragionamento che oggi ci porta a costruire un Senato delle autonomie che dà un’attenzione, un ruolo e una funzione diversa ai territori e configura un Paese in cui i territori hanno maggior forza.
Il nuovo Senato sarà anche il ramo del Parlamento che si occuperà dei rapporti con i territori, dei rapporti con l’Europa, dei finanziamenti europei e di una serie di altre cose.
Dentro a questo schema, c’è un’attenzione maggiore al peso dei territori sulle decisioni dello Stato, rispetto a quella che vi era nella forma precedente. Inoltre, dentro a questo, credo che si collochi anche il ragionamento della costituzione delle aree metropolitane, che devono mettere in campo ciò che serve alle grandi aree di questo Paese per avere gli strumenti per crescere, svilupparsi e costruire un futuro.
In questo senso ci sono tre aspetti che meritano di essere approfonditi.
Innanzitutto la questione di Expo.
Fare l’Expo senza creare un governo della città metropolitana forte, a mio avviso, depotenzia ciò che l’Expo può rappresentare per quest’area del Paese.
Expo è una grande manifestazione che può lasciare qui i germogli di una vocazione economica internazionale che quest’area del Paese si può giocare se c’è uno strumento dell’area metropolitana che ha la forza di investire in ciò.
Come veniva richiamato in alcune riflessioni, il tema di Expo non è secondario: non stiamo preparandoci a fare una fiera. Il tema di Expo, “Nutrire il Pianeta” è fondamentale e investe le filiere dell’alimentazione, la ricerca, le questioni che riguardano l’agricoltura. Inoltre, siamo la provincia in cui c’è la maggior presenza di aziende agricole in Italia.
Se Expo è questo, significa che Milano e l’area metropolitana milanese possono diventare da qui in avanti il punto di riferimento nel mondo su questi temi (le catene alimentari, i centri di ricerca…).
Guardando al futuro da questo punto di vista, è evidente che su Expo bisognerà investire e ci vuole un soggetto forte capace di investire su questo perché Expo produca posti di lavoro, produca un’eccellenza che diventi un marchio nel mondo di questa realtà, così come è stato per la moda o per il design.
Un’altra questione riguarda la possibilità o meno di elezione diretta del sindaco della città metropolitana. Questa è una questione molto seria che non va vista – come invece abbiamo fatto spesso nella nostra discussione – in termini secondo cui bisogna eleggere direttamente il sindaco della città metropolitana perché altrimenti i Comuni che non sono Milano si sentono defraudati e quindi non accettano di entrare nell’area.
In questi anni abbiamo discusso spesso di come convincere gli altri Comuni a entrare nell’area metropolitana in cui Milano ha un peso molto significativo.
Sicuramente il PD deve lavorare per l’elezione diretta del sindaco della città metropolitana ma deve farlo perché questo determina la possibilità di avere più o meno poteri per la città metropolitana stessa. Personalmente, non sarei favorevole all’attribuzione ad un soggetto che non ha una legittimazione popolare delle quote di Serravalle, piuttosto che di Pedemontana o SEA, MM o altro.
È chiaro che la legittimazione popolare dà una forza a chi governa e in nome di quella forza si possono riconoscere poteri o altro. Il dare il potere di decidere sul trasporto pubblico (che è da rivendicare dalla Regione) oppure sugli assetti del territorio ad un soggetto non eletto direttamente, a mio avviso, è problematico: è molto più naturale che ad un soggetto non eletto direttamente venga concesso di dare indirizzi ma dovrà lasciare altrove (magari ai singoli sindaci o alla Regione) il potere di dire l’ultima parola.
L’ultima questione che voglio affrontare riguarda il coinvolgimento dei cittadini.
Siamo già dentro al percorso di costruzione della città metropolitana ma mi domando se dobbiamo esaurire questo percorso soltanto dentro agli ambiti istituzionali (attraverso le riunioni dei sindaci, i seminari) oppure non dobbiamo cominciare a ragionare su alcune cose concrete che possano invece interessare i cittadini.
Ad esempio, si è detto che una delle priorità del PD è il tema della casa, quindi, mi viene da pensare che sul tema della casa dobbiamo mettere in campo delle politiche concrete di area metropolitana.
Il Comune di Milano sta ragionando di realizzare un’Agenzia per fare incontrare domanda e offerta abitativa, sfruttando anche i finanziamenti della legge nazionale e la possibilità di utilizzare i Fondi sostegno affitti ecc. Perché non ragionare, invece, su un’Agenzia metropolitana? Siccome la gestione delle case popolari da parte dei privati è stata deficitaria, visto che si preannuncia l’interruzione del rapporto per la gestione delle case del Comune di Milano da parte di Aler, possiamo ragionare con gli altri Comuni (e alcuni hanno tante case popolari) per vedere se si riesce a costruire un’azienda metropolitana di gestione controllata dai Comuni, che parte senza il debito enorme che ha Aler e costruiamo una proposta di gestione metropolitana?
Ritengo, quindi, che dobbiamo cominciare a pensare a cose di questo tipo anche per cercare di interessare i cittadini al tema dell’area metropolitana. Credo, infatti, che possa essere utile cominciare a tradurre concretamente il tema dell’area metropolitana.