venerdì 19 settembre 2014

A proposito di Lavoro

Vi segnaliamo il commento di Francesco Bizzotto in materia di lavoro.

Lavoro: ok Renzi. Perchè "il rischio di non fare è maggiore di quello di fare male" (Draghi).
Cosa manca? Al solito: le Politiche attive. Pare non le voglia nessuno.
In particolare: non lasciamo solo chi è in difficoltà (sussidio e aiuto a formarsi, cercare e trovare...).
A chi competono? Qui casca l'asino: le Politiche attive competono all'80% alle realtà locali. Che dormono.
Oggi Bersani dice: Quanti soldi mette Renzi sugli ammortizzatori sociali? Dico a Bersani: di soldi ce n'è anche troppi. Nel pubblico (che perde!) e nel privato (che guadagna!). Cosa manca?
Manca la Politica. Si spreca, si fanno cose che non servono (si drena denaro) e c'è un indirizzo unilaterale, sbagliato: ad esempio, nelle Agenzie pubbliche non c'è rapporto con le aziende. E il privato? Serve le aziende big.
C'è altro? Sì. Manca il nuovo: Politiche attive in positivo, fatte prima della crisi aziendale o di relazione; Politiche attive per la Mobilità, per la Dinamica che serve al mercato com'è adesso (vedi Dario Di Vico il 19 settembre scorso sul Corriere: i Piccoli, i Professionisti, le micro imprese avanzano; sono il futuro; teniamoli presente).
Io dico: la Mobilità come possibilità, chances di cambiare e crescere, è l'unica speranza per far uscire Giovani e Donne dal precariato. E solo se questi escono dal precariato le imprese creano, innovano, hanno futuro. Dobbiamo farlo (la Politica) nonostante le imprese.
Questi Giovani e Donne dipendenti - con i Piccoli di Di Vico - sono i protagonisti delle nostre migliori aziende (e io li vedo partner, non fornitori precari). Senza questa eccellenza umana e professionale (invidiata nel mondo, 1° fattore di attrazione di investimenti) il nostro Paese non va da nessuna parte.
Se vanno in piazza, io sono con loro. Anzi. Li invito a farlo, come gli Scozzesi!! Se non lotti, non ti rispettano.
Nota triste. Perchè quindi non si fanno le Politiche attive positive, anticipatrici e fautrici di Mobilità sociale?
Perchè le grandi imprese e i sindacati temono il libero Mercato del Lavoro. Temono i lavoratori. La vecchia cultura d'impresa (individualista) per le solite ragioni. I sindacati perchè, con la Mobilità, la loro prevalente cultura (organizzativa, aziendale, delle tessere) diventa ferro vecchio. Tessere relazioni sociali, di territorio, è altra cosa.
Con il che è dimostrato che dichiararsi liberali non basta proprio. Anzi, è un alibi. Qual è il punto?
Sei per il lbero mercato (per la scelta personale, di rete sociale, responsabile... che io chiamo Rischio) o no?


A queste considerazioni un vecchio amico mi risponde: non hai detto cosa pensi dell'art.18; altre volte hai detto che la Germania investe sulle Politiche attive 10 volte più di noi. Dunque? Rispondo, e mi scuso se su certi tasti batto e ribatto...
1° L'art. 18 (essere rimesso al lavoro da un Giudice, contro il "datore", dopo averci litigato e averlo portato in Tribunale) è roba da disperati. E' una conquista socialista, riformista (che conserva valore se c'è discriminazione) che oggi deve trovare il suo senso positivo in modi nuovi. Penso che questi problemi si devono anticipare, mediare e risolvere sul Territorio. Badiamo alla sostanza (il reddito, il lavoro, la dignità, l'impresa), anzichè al "posto". La nostra società può e deve garantire a tutti un reddito abbinato a strumenti di orientamento, formazione e ricerca / incontro con domande di lavoro. E lo deve fare non in azienda (la grande mamma che non c'è più) ma nel Territorio (la reale e grande impresa - rete). Una novità con un potenziale grandissimo, se gestita. Se il centro garante è il Territorio, l'imprenditore si riprende in toto la libertà di scegliere i collaboratori e di licenziare, e altrettanto può fare il "lavoratore". Udite l'incredibile! Il lavoratore (dipendente o che ha saputo farsi autonomo) inizia a scegliere l'imprenditore con cui collaborare. Magari si organizza e cerca (come dice Ichino) l'investitore (vale anche al Sud!). Il mondo si ribalta un'altra volta. Purchè... ci sia sul Territorio un'Istituzione che dell'impresa - rete si fa carico. Carico di cosa? Accogliere e ricollocare i licenziati, come propongono i nostri esperti di diritto del lavoro? No, non basta. Significherebbe sancire come norma la precarietà e fare da salvagente; vivere in negativo quella che è una possibilità. Le Istituzioni preposte (pubbliche e partecipate da tutti gli interessati) possono anticipare i problemi e favorire le libere scelte reciproche e le giuste relazioni: un nuovo con-correre.
Ora, è chiaro che il silenzio e le prudenze dei capitani d'impresa sull'art. 18 esprimono un timore: "E' meglio avere 3.000 reintegre che 3 milioni di rompiscatole (giovani) che vengono in azienda, mi pesano e se ne vanno!" Questo pensano. Ma, per le imprese (le loro, le nostre imprese) cosa è meglio? Cosa cambierebbe se i lavoratori potessero muoversi e misurarsi, osare e rischiare? La produttività e il senso del fare impresa andrebbero alle stelle.
Se si sostiene questa dinamica - la Mobilità, il vero Mercato, il dialogo tra Offerta e Domanda di lavoro - la disoccupazione scende del 20%, la precarietà diventa temporanea (con i Mini Jobs) e l'art. 18 un ferro vecchio.
Infatti, nella mia visione, l'art. 18 non è da togliere ma da rendere inutile. Da lasciar cadere. Poi ci sono i Mercati...
2° Le risorse. E' vero. Noi investiamo poco sulle politiche attive. Ci son soldi? Mettiamoceli. Ma forse li abbiamo messi per fare altro (controllare, elargire, gonfiare, lamentare). Forse è tempo di cambiare loro destinazione: anzichè dati amministrativi e autoreferenzialità, le strutture pubbliche del caso devono convertirsi a servire i cittadini. E quel che è meravigioso è che nelle strutture da convertire (a Milano) ci sono, con le competenze, anche grandi sensibilità sociali e politiche. Capiscono benissimo (checchè ne pensino Pietro Ichino e Tito Boeri). Cosa manca? Al solito: il coraggio, la determinazione della decisione Politica.
Art. 18 (gesso in azienda) o Istituzione anticipatrice (nel Territorio)? Discutiamone apertamente!
E si facciano due test (uno a Milano, dove le strutture ci sono). Perchè in punta di ragionamento non ne usciamo.