Credo che i toni che sta assumendo la discussione sulla legge delega sul lavoro dentro e fuori il PD non aiutino a capire di cosa si sta discutendo e, soprattutto, rischino di dare una rappresentazione della riforma e dei suoi obbiettivi lontana dalle reali volontà, più volte affermate dal governo e riportate nel testo della norma in discussione.
Quindi, innanzitutto va sgombrato il campo da equivoci e vanno ricostruiti i reali obbiettivi che la legge si propone.
Primo: Non si tolgono tutele a chi le ha. I nove milioni di lavoratori che hanno un contratto a tempo indeterminato non saranno toccati dalla riforma, chi parla di riduzione delle tutele per chi lavora dice una cosa non vera e chi racconta di un tentativo di omogeneizzare al ribasso i diritti dei lavoratori retrocedendoli tutti in serie C fa propaganda; l'art.18 e il diritto al reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa non verrà meno per i contratti in essere.
Secondo: Al contrario l'obiettivo è estendere le tutele a chi non ne ha, ai nove milioni di lavoratori con contratti precari. La legge delega riforma gli ammortizzatori sociali estendendo a tutti i lavoratori precari l'accesso al reddito garantito dall'Aspi per chi perde lavoro.
L'allargamento della platea dei tutelati sarà finanziata in parte dalle aziende e in parte da finanziamenti pubblici e, per questo, già nella prossima Legge di Stabilità saranno stanziati un miliardo e mezzo di euro. Oltre a ciò saranno estesi i diritti sulla maternità a tutti i contratti.
Terzo: La legge delega prevede la riduzione a poche unità dei contratti di lavoro e la scelta del contratto a tempo indeterminato come contratto prevalente da incentivare. Si tratta di costruire una normativa in cui non esistono contratti più convenienti degli altri dal punto di vista del costo per le aziende se non i contratti a tempo indeterminato.
Con il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti si può raggiungere questo obbiettivo. In questo modo si riduce la precarietà e si dànno più certezze e più stabilità a lavoratori e aziende, mettendo i primi nella condizione di stare più a lungo in azienda con la prospettiva di poterci restare e le seconde in una situazione in cui potrà avere incentivi e più certezze per programmare futuro e investimenti.
Cose importanti, quindi, e che tutti abbiamo interesse a valorizzare perché definiscono il senso di una riforma necessaria per il Paese. Non c'è solo questo: c'è anche la delega per riformare i servizi che devono far incontrare domanda e offerta di lavoro, si interviene anche sui tempi di vita, ma la riforma sta soprattutto in queste cose, qui si interviene concretamente su precarietà e su chi il lavoro non c'è l'ha.
Certo, ci sono questioni che richiedono ancora approfondimenti. Ma serve una discussione sul merito. Non servono divisioni caricaturali, non c'è una divisione tra chi difende e chi vuole liquidare tutele e diritti, anzi.
Serve discutere del merito e alcune scelte non sono definite né lo saranno nella delega ma il senso di marcia e gli obbiettivi sono chiari.
Il confronto deve partire dai dati di realtà, dalla necessità di invertire una situazione per cui oggi solo il 16% dei nuovi assunti sono assunti con contratto a tempo indeterminato, dalla constatazione che in questi anni ci sono stati centinaia di migliaia di licenziamenti nonostante l'art.18. Certo, non può essere messo in discussione l'obbligo di reintegro per i lavoratori licenziati per motivi discriminatori e non lo sarà. Bisognerà discutere - questo è il nodo - nel contratto a tutele crescenti, su quali strumenti di tutela dai licenziamenti senza giusta causa saranno introdotti e se sarà previsto il reintegro o no. Dopo l'approvazione della delega ci sarà tempo e modo per affrontare questa questione.
Ma, al di là delle discussioni aperte, non dobbiamo perdere di vista il valore complessivo della riforma, di una idea di mercato di lavoro che vuole aggredire i nodi delle diseguaglianze e della esclusione dalle tutele. Il Jobs act è una straordinaria occasione che non possiamo perdere, descrive una riforma necessaria per il Paese ma, soprattutto, serve per dare diritti e tutele a chi oggi non ne ha.