lunedì 17 marzo 2014

Un po’ di chiarezza

Tanti sono i dubbi e le richieste di spiegazioni che ci sono giunti, anche in seguito alla pubblicazione di alcuni commenti apparsi sui giornali in seguito alla presentazione del piano di azione con le prime mosse decise dal governo Renzi.
Ci piacerebbe che i dubbi e le domande venissero posti durante le occasioni di incontro e di assemblea che abbiamo organizzato nelle scorse settimane e che a brevissimo riorganizzeremo, alla presenza di esponenti PD che operano nelle istituzioni (e quindi in grado di rispondere sulle varie tematiche con maggiore competenza), proviamo comunque ad abbozzare un paio di spiegazioni sui temi del momento: il precariato e le pensioni.

A dispetto di quanto scrivono i giornali, segnaliamo che Renzi di pensioni non ha parlato e l'argomento non è scritto da nessuna parte del decreto presentato e, anziché perdersi in elucubrazioni inutili, sarebbe meglio attenersi a commentare le cose annunciate.
In questa legislatura, con il Governo Letta, è stato già fatto un adeguamento delle indicizzazioni delle pensioni fino ai 3.000 euro.
In Italia ci sono persone che sono andate in pensione anche versando pochissimi contributi o il cui versamento non corrisponde alla cifra di pensione che prendono. I pensionati non sono tutti uguali: ci sono persone che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese e persone che stanno benissimo, non c’è una categoria unica.
L'Italia ha garantito per molto tempo a tante persone di andare in pensione e di andarci bene e, forse, oggi tutto questo non si riesce più a farlo per i giovani.
Oggi, nel nostro Paese, le pensioni spesso svolgono una funzione di welfare e, se si cambia questo meccanismo, dando più soldi alle famiglie, probabilmente si riesce ad alleggerire i pensionati da questo peso. Anche per questo è utile essere partiti dal tema del lavoro dipendente e dall'idea di lasciare più soldi in tasca alle famiglie per alimentare i consumi: le risorse non sono infinite e, nel contesto in cui ci troviamo, è giusto darsi delle priorità.

In questo momento, per il nostro Paese, la priorità è creare lavoro e aumentare le assunzioni: perché si possano stabilizzare i precari bisogna che prima si creino posti di lavoro e il decreto di Renzi ha questo obiettivo.

La precarietà è un altro tema, tuttavia, bisogna ricordare che con la riforma Fornero accadeva che dopo un contratto a termine occorreva una pausa di diversi mesi prima che questo potesse essere rinnovato e, dopo il terzo rinnovo, o l'azienda assumeva in modo stabile il lavoratore o lo lasciava a casa. Prima della legge Fornero, invece, il contratto a progetto non poteva essere rinnovato per più di due anni; anche in questo caso l'azienda poteva scegliere se assumere il lavoratore o lasciarlo a casa.
Di fatto, il più delle volte accadeva che l'azienda modificava il progetto scritto nel contratto e si teneva precariamente il lavoratore fregandosene della legge in vigore, senza che alcuno andasse a controllare oppure sostituiva il lavoratore o si avvaleva di stagisti a rotazione.
Tutto questo perché avere dei dipendenti con assunzione a tempo indeterminato alle aziende costa molto: l’Irap è una tassa che prevede che l’azienda paghi per ogni lavoratore assunto, così che ai datori di lavoro spesso conviene trovare altre forme di collaborazione meno onerose per tenere lavoratori.
I contratti a progetto sono una realtà da tempo. Fingere di non vederli è ipocrita. A cercare di regolarli ci hanno provato in tanti ma purtroppo, fino ad oggi, senza sortire alcun effetto.

Per risolvere il problema delle troppe modalità contrattuali, la proposta di Renzi va verso il contratto unico.

In ogni caso, Renzi ha appena cominciato e ha presentato un provvedimento solo. Non è realisticamente pensabile che all’interno di questo provvedimento vi fosse già tutto quanto. La partenza riguarda i lavoratori dipendenti (80 € mensili in più in busta paga che, in un anno, equivalgono a una mensilità in più di stipendio). Nel provvedimento vi sono anche altri punti che, però, sicuramente, vengono percepiti come meno di appeal nell’opinione pubblica.
Per quanto riguarda le riforme istituzionali, Europa ha realizzato un articolo di approfondimento sulla riforma del Senato>> e qui c’è il testo di bozza di riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione (pdf)>> 

Il PD nel corso degli anni non ha sempre fatto scelte felici e spesso si è trovato anche ad assumere decisioni difficili e invise alla maggior parte degli italiani, tanto che i dati elettorali ci hanno visto spesso in difficoltà, anche quando ci aspettavamo esiti diversi. Oggi, ci troviamo in una fase difficile, in cui c’è una distanza enorme tra i cittadini e la politica, tra l’operato delle istituzioni e il sentire comune e c’è un’esigenza forte di far recuperare credibilità alla politica, per non veder cedere il Paese sotto la spinta di pulsioni disfattiste e autoritarie.
Da sempre il centrosinistra ha un’immagine di “partito delle tasse” nell’opinione pubblica mentre a noi piacerebbe essere il partito che rimette in moto il Paese, il partito che riaccende il cambiamento di un’Italia troppo spesso bloccata a tutti i livelli, il partito del lavoro, il partito che riaccende il futuro. Rimettere il lavoro al centro delle politiche significa dare futuro al Paese.
Questo non è il governo esclusivamente di Matteo Renzi ma è il governo di tutto il PD, in quanto il Segretario Nazionale è diventato Presidente del Consiglio su decisione quasi unanime della Direzione Nazionale del Partito Democratico. Il PD in questo governo si gioca moltissimo e se fallisce questo tentativo sarà più difficile recuperare la fiducia dei cittadini. Questo dobbiamo saperlo prima di prestare il fianco a inutili strumentalizzazioni o di cercare la luna fingendo di non vedere una realtà drammatica che invece da anni è sotto ai nostri occhi o di rivendicare interessi di parte che spesso vanno a garantire i già garantiti.

Diana Comari, coordinatrice del Circolo PD Prato-Bicocca