domenica 23 febbraio 2014

Il nuovo governo e le giovani Ministre

A proposito del nuovo governo e delle giovani Ministre, in questi giorni in rete si sono lette affermazioni sessiste, volgari e offensive nei loro confronti. Se non stupisce che ciò, per quanto triste, possa avvenire ad opera di esponenti di altri partiti che si divertono a strumentalizzare ogni cosa pur di mettere in cattiva luce il PD, fa impressione notare come ciò avvenga anche ad opera degli stessi iscritti al PD. Fa impressione vedere come, nel 2014, delle giovani donne, magari più fortunate di altre per le opportunità che hanno avuto, vengono additate. Tutti possiamo avere perplessità sul fatto che figure giovani possano già ricoprire il ruolo di Ministro ma questo non giustifica né insulti né affermazioni sessiste. Senza contare che si è a lungo invocato il rinnovamento, l’esigenza di aprire alle giovani generazioni e a facce nuove e ora che lo si è fatto non si capisce il senso di alcune contestazioni. Per altro ricordiamo che con le primarie per la scelta dei candidati al Parlamento, sono stati eletti anche soggetti del tutto privi di esperienza all’interno delle istituzioni (giovani e non giovani) e negli anni precedenti abbiamo avuto illustri esempi di Ministri nominati perché “esperti” che non si può dire siano riusciti a fare il bene del Paese.

A tal proposito segnaliamo anche un’intervista a Maranna Madia in cui si parla di lavoro, precari, welfare e sostegni alle mamme lavoratrici.

Il sito di Europa riporta i profili di tutti i Ministri del nuovo governo>>
I Ministri del PD sono:
Maurizio Martina (già sottosegretario del Governo Letta e la cui presenza nel nuovo governo è stata chiesta quasi unanimemente per non disperedere l’importante lavoro avviato su Expo)
Andrea Orlando (era il responsabile giustizia della segreteria del Pd di Bersani, aveva anche avanzato delle proposte in materia di riforma della giustizia civile che avevano suscitato un ampio dibattito dentro e fuori dal PD). Forse a molti è sfuggito che al Ministero della Giustizia c'è una persona del PD e non un tecnico “amico dei Ligresti” o un uomo di Berlusconi e, dato che il governo si regge su una maggioranza composita e di difficile equilibrio, si tratta di un buon risultato.
Federica Mogherini (con alle spalle importanti presenze in organismi internazionali)
Marianna Madia (che dal 2008 ad oggi ha fatto esperienza, presentato proposte di legge e interrogazioni prevalentemente legate all’ambito del lavoro)
Roberta Pinotti
Maria Elena Boschi
Maria Carmela Lanzetta
Dario Franceschini


sabato 22 febbraio 2014

Incontro con Mirabelli



Grazie alle tante persone che hanno preso parte al confronto che abbiamo avuto oggi pomeriggio con il senatore Franco Mirabelli e che hanno avuto modo di esporre i loro dubbi, le loro domande e di ottenere risposte.
Questo è il video della relazione introduttiva fatta oggi da Mirabelli:




Un incontro molto partecipato quello di oggi, in cui tanti hanno voluto intervenire per esprimere la propria opinione sulla fase che è in corso e per porre domande al senatore Mirabelli che, come tanti altri suoi colleghi, si è trovato nella difficile situazione di provare a far comprendere le ragioni di una scelta non semplice da digerire per una base del partito forse ancora troppo legata a schemi di un passato che non c’è più e che fatica ad orientarsi nel brusco cambiamento di stile e di velocità decisionale impresso dal nuovo Segretario del PD.
«Siamo dentro ad un passaggio politico molto complicato – ha esordito Mirabelli ad ogni incontro – e aspettiamo di vedere i risultati prima di esprimere giudizi troppo netti. È sbagliato ridurre tutta la vicenda di questi giorni all’aver “fatto fuori Letta”: indubbiamente Letta è stato trattato male ma ci sono delle ragioni politiche dietro al nuovo scenario che si è creato».
Secondo Mirabelli, ci trovavamo oramai in una situazione in cui si rischiava l’immobilismo: «Dobbiamo riconoscenza a Letta per gli 8 mesi di governo e gli dobbiamo anche qualche scusa ma non solo per l’ultima fase. Avremmo dovuto lavorare per valorizzare un po’ di più i risultati positivi che comunque almeno fino a dicembre il Governo Letta ha ottenuto e che oggi si trasferiscono sui numeri, come ad esempio il fatto che l’economia è tornata ad aumentare dopo 9 trimestri in cui scendeva, lo spread è stabile sotto i 200 punti; c’è un merito se ci sono 20 miliardi di giro d’affari prodotti dal decreto legge sul bonus ambientale, se è stato approvato un decreto che da qui al 2017 abolisce il finanziamento pubblico ai partiti. Questi sono risultati dell’azione del Governo Letta e vanno riconosciuti, mentre noi, invece, siamo stati un po’ timidi su queste cose». «Tuttavia, - ha spiegato Mirabelli - da un po’ di tempo la spinta propulsiva del governo si era fermata: dopo l’approvazione della Legge di Stabilità si è registrato un calo di consensi molto forte, lo dicevano i sondaggi ma anche le parti politiche e sociali. Una parte della maggioranza e anche una parte della società italiana aveva smesso di investire sul governo (si ricordino le critiche arrivate dai sindacati e da Confindustria)».
L’azione di governo nel rispondere alle esigenze dei cittadini italiani, dunque, era ritenuta troppo lenta e poco incisiva, per questo, secondo Mirabelli, tutti hanno ritenuto opportuno che si avviasse una nuova fase e tutti hanno chiesto l’impegno diretto del Segretario del PD, a cominciare dalla minoranza interna (che ha spinto affinché la Direzione Nazionale del partito anticipasse la discussione sul rapporto tra partito e governo e si arrivasse ad un chiarimento e ha votato il documento proposto dal Segretario) e sulla stessa linea si sono registrate le dichiarazioni di Alfano e di Scelta Civica.
Mirabelli ha ricordato, quindi, le ragioni per cui all’inizio della legislatura, in seguito al risultato elettorale con cui si è registrato che il 30% circa dei cittadini italiani non è andato a votare e il 25% dei cittadini italiani ha scelto di votare un partito antisistema, si era stati costretti a dare vita ad un governo di larghe intese presieduto da Letta: «C’è un problema democratico in questo Paese e, se noi non siamo capaci di fare le riforme in questa legislatura, il prossimo passaggio potrebbe essere molto pericoloso per la democrazia italiana. Oggi c’è un problema di credibilità della politica e di credibilità delle istituzioni. – ha sottolineato il senatore – e se tornassimo a votare anche con una legge elettorale diversa ma per lo stesso numero di parlamentari e ancora con il bicameralismo, la politica non avrebbe la credibilità che deve invece recuperare. Il problema non è il PD o Renzi, il problema è il Paese, la democrazia e le istituzioni di questo Paese. Se vogliamo ridare credibilità alla politica, abbiamo bisogno di fare delle riforme. Anche Letta, come Renzi oggi, non ha avuto l’investitura popolare, però siamo ancora in un Paese in cui il Presidente del Consiglio lo elegge il Parlamento. Sarebbe meglio avere elezioni in cui i cittadini scelgono chiaramente chi vogliono fare leader, però, sappiamo tutti che se si andasse a votare - in particolare adesso, dopo che c’è stata la sentenza della Corte Costituzionale - avremmo un sistema proporzionale che ci riconsegnerebbe un quadro di ingovernabilità e costringerebbe nuovamente alle larghe intese e, quindi, tutt’altro rispetto alla scelta di chi deve governare il Paese. Per questo, trovo assurda questa idea di andare a votare e di dire che in Italia non si vota mai: abbiamo votato un anno fa e i cittadini, se li si porta a votare una volta all’anno, si disaffezionano alla democrazia».
Questo è il quadro del percorso in cui si inserisce anche quest’ultimo passaggio: il governo Letta rischiava di rimanere imbrigliato e immobile e, quindi, di non riuscire più a portare a casa le riforme per le quali si era deciso di formarlo. Tornare al voto senza aver fatto le riforme promesse avrebbe significato la perdita di credibilità definitiva per la politica e, di fatto, si sarebbe consegnato il Paese alle forze antisistema e populiste. Per evitare tutto questo, per ridare forza alla spinta riformatrice di cui l’Italia ha bisogno, il PD ha compiuto la scelta più difficile e più rischiosa, che è quella di giocare tutto se stesso e il suo Segretario per dare vita ad un nuovo governo che avesse anche la capacità di cambiare i ritmi, di fare delle cose anche sulle questioni politiche e sociali per dare risposte ai cittadini e allo stesso tempo lanciare un messaggio di innovazione e cambiamento.
Questo è il senso dell’operazione che è stata fatta e ora, afferma il senatore Mirabelli, va sostenuto convintamente dal Partito Democratico: «Abbiamo bisogno di un partito che investa consapevolmente su questa fase, perché questa è l’ultima spiaggia non per noi del PD, ma per costruire un processo di riforme in grado di ridare credibilità alle istituzioni e senza le quali la democrazia italiana va in crisi. Matteo Renzi lo ha detto il giorno dopo essere stato eletto che questa è l’ultima occasione ma ce lo hanno detto anche tanti elettori delle primarie che o adesso si cambiava veramente oppure basta. Se ce lo dice il nostro popolo, se ce lo dicono quelli che vengono ancora a votare alle primarie, immaginiamoci che cosa pensano quelli che non vanno neanche più a votare alle elezioni! E, se questa è l’ultima spiaggia, allora, dobbiamo sapere che dobbiamo discutere del Paese, non di noi. Mi preoccupa il fatto che qualcuno, mentre aspettavamo la lista dei Ministri, ha cominciato a mettere in discussione il Segretario del partito, quasi che il partito fosse una cosa autoreferenziale che non c’entra. Il partito adesso si deve assumere a pieno questa responsabilità del governo: non dobbiamo discutere di noi ma dobbiamo discutere del Paese e di quello che possiamo fare per il Paese, anche confrontandoci tra idee diverse».

Tra i dubbi espressi dagli iscritti al PD presenti alle varie assemblee molti riguardavano la giovane età e la presunta inesperienza dei membri del nuovo governo (in particolare delle donne Ministro), altri contestavano il fatto che Renzi nominato premier potesse mantenere anche l’incarico di Segretario o peggio affidare il partito ad un reggente.
Nel rispondere Mirabelli ha sottolineato come «Renzi, per lo stile, risponde a una domanda di cambiamento e di rinnovamento della politica che c’è nel nostro Paese. Per anni abbiamo invocato il rinnovamento e le facce nuove e adesso abbiamo il governo più giovane della storia della Repubblica e va valorizzato, poi li si giudicherà dai risultati. Il fatto che ci siano 8 donne e 8 uomini è un dato importante: anche su questo, non possiamo fare per anni la battaglia perché siano riconosciute le pari opportunità e il valore che possono portare le donne dentro la politica e dentro al governo e poi, quando lo mettiamo in pratica, restiamo subalterni a ragionamenti inaccettabili che si sentono in giro sul fatto che le donne sono solo ornamentali. Ci sono le elezioni europee alle porte e, già in vista di quell’orizzonte, questo Governo dovrà fare delle cose perché bisogna dare dei messaggi forti di capacità di cambiare passo e di capacità di fare delle cose».

Contrario alla riapertura del dibattito sul Segretario, Mirabelli ha segnalato che «Stiamo ancora discutendo del PD. Non possiamo stare in un partito che vive in un congresso permanente: facciamo vedere agli italiani che discutiamo del Paese e non di noi. Il punto non è il PD ma che funzione abbiamo per il Paese. Oggi dobbiamo recuperare credibilità: i cittadini pensano che la politica sia distratta e non si occupi di loro; c’è poi un 25% che ha votato Grillo e che ritiene che tutto il sistema non vada bene e il sistema istituzionale e democratico del Paese è molto debole. Non possiamo fingere di trovarci in una fase di ordinaria amministrazione ma dobbiamo prendere coscienza del quadro il cui ci troviamo e il risultato elettorale avrebbe dovuto farci riflettere e farci cambiare il nostro modo di ragionare: siamo il terzo partito tra gli operai e i giovani non ci votano; in questo contesto una discussione tutta autoreferenziale non ha senso. Così come non ha senso proseguire la lotta tra ex democristiani ed ex comunisti: l’elezione di Renzi a Segretario del PD chiude definitivamente quella discussione, oggi serve confrontarsi sui contenuti indipendentemente dalla cultura di provenienza».

Mirabelli, infine ha evidenziato la necessità di fare lo sforzo di guardare a questa nuova situazione come un’opportunità per il Paese e di impegnare tutto il PD a sostenere l’azione di questo governo affinché si riescano a realizzare le tanto auspicate riforme e non di vivere il tutto come una cosa da sopportare. «Nei partiti si costruiscono i gruppi dirigenti e questi poi sono delegati a dirigere e si assumono le responsabilità delle decisioni prese, il documento proposto da Renzi alla Direzione Nazionale è stato votato da 136 persone e la discussione era stata sollecitata dalla minoranza, non si può far finta di non saperlo», ha replicato Mirabelli alla contestazione quasi unanime che è giunta sulla modalità in cui tutto si è velocemente discusso e deciso «senza consultare la base».

Un’opportunità, secondo Mirabelli, è anche l’ingresso del PD nel PSE: «E’ un fatto importante, che costruiamo da anni e che servirà a far diventare quel luogo la casa di tutti i progressisti europei. Con questa mossa il PD si colloca all’interno di un gruppo importante al Parlamento Europeo e ci presentiamo alle elezioni per la guida dell’Europa con un unico candidato che è Martin Schulz. Oggi i partiti europei sono cambiati rispetto ad anni fa: il PPE è la casa dei conservatori e i progressisti stanno in prevalenza nel PSE, che non è più solo il partito dei socialisti ma al suo interno vi sono molte forze con culture diverse come è il PD».

giovedì 20 febbraio 2014

22 febbraio incontro con Mirabelli

Sabato 22 Febbraio alle ore 16:00, presso la Sala Bina - Spazio PD in Viale Suzzani 273 (Scala A, entrando dal cancello, palazzo sulla destra, discesa verso il sottoscala) a Milano, abbiamo organizzato un incontro aperto a tutti i cittadini con il Sen. FRANCO MIRABELLI per un aggiornamento sulle vicende della politica nazionale e per aiutarci a comprendere meglio il passaggio che stiamo attraversando.

mercoledì 19 febbraio 2014

Il governo Renzi

Lettera del nostro iscritto e membro del comitato dei garanti, Paolo Volterrani.


Cari compagni ed amici,
Renzi ha raggiunto il suo obiettivo. Lui è sicuramente ambizioso e determinato. E’ giovane: per trovare un capo del governo di quest’età occorre risalire nel tempo fino al Duce.
L’ambizione non è un difetto se mirata al bene di tutti. La determinazione è un pregio che spero venga sfruttato per l’interesse della maggioranza degli italiani, a cominciare dai più deboli.
Il modo con cui Matteo Renzi ha raggiunto l’obiettivo continua ad essere il mio cruccio. Il fatto che il Partito quasi all’unanimità abbia accettato il metodo non mi consola. Siamo in un momento nel quale ogni mossa verrà analizzata e giudicata senza pietà da quella parte di elettorato che vuole scardinare il sistema e sostituirlo con qualcosa che nessuno sa, neppure loro.
Detto questo analizzo la situazione il più neutralmente possibile.
Il ministero Renzi: i tempi lunghi del “travaglio”e le parole del Presidente, dicono che la lista finale è nata al Quirinale.
Il Nuovo Centro Destra, esce ridimensionato e senza la vice-presidenza, ma non più debole nel far pesare i suoi paletti sull’alleanza e su Renzi, inoltre nel Ministero conta più esperienza dei nuovi ministri PD.
Renzi nel sopracitato “travaglio” ha dovuto cedere su economia e giustizia.
Sull’economia ha deciso il Presidente che ha probabilmente anche fatto il nome, sulla giustizia il presidente ha detto no al nome che Renzi aveva in mente, ma ha dato il permesso ad una scelta politica del PD. Renzi ha ottenuto invece(è probabile che abbia insistito molto) la defenestrazione della Bonino che farà sentire la sua voce in dissenso, ma con questa operazione(ancora una volta il modo offende) ottiene una maggior coesione nella maggioranza. Alfano può apprezzare. All’estero un po’ meno.
La presenza di due lobbisti(in passato Renzi ha parlato contro le “lobbies”) prova che dall’esterno si è tifato per la fine di Letta o si è addirittura spinto.
Gli altri ministeri sono scelte di Renzi che vuole avere uno zoccolo duro nel CdM per poter decidere ed avere mani più libere.
Detto questo si spera che al Senato non ci siano “inciuci” e trappole e che il “guastatore” Civati non faccia altri colpi di teatro(lui è sostanzialmente questo:un teatrante senza un programma politico).
Mi auguro che Matteo proceda speditamente, anche se ho qualche dubbio sulla legge elettorale legata alla riforma del Senato, ma anche su questo punto Renzi può giocare, perché con il “porcellum” in agguato il Parlamento dei “nuovi e dei nominati” potrebbe andare “a casa” ad Ottobre. Questa legge elettorale, concordata con Berlusconi, non risolve il problema dei nominati ed a me non piace in assoluto.
Quindi vi dico che una volta imboccata la strada è opportuno percorrerla fino a quando sarà possibile. Intanto ingoiamo e camminiamo uniti. Uniti! Questa è la parola d’ordine!

lunedì 17 febbraio 2014

La fanatica maleducazione a Cinque Stelle

A proposito di un pessimo uso del linguaggio oltre che dell’intelligenza (prerogativa del Movimento Cinque Stelle), segnaliamo un commento di Luca Mastrantonio pubblicato dal Corriere della Sera

Per ora il contributo più evidente dei grillini al dibattito parlamentare sul governo Renzi è la maleducazione. I più esuberanti deputati Cinque Stelle, infatti, usano frasi ed espedienti da osteria che su TripAdvisor, sito dove si fanno recensioni di tutto il giudicabile, prenderebbero meno di una stella: c’è chi mette la maschera di Renzi, chi fa giochetti di parole da goliardia degna dell’asilo («figlio di Troika») e gesti cafoni anche nel loro minimalismo, come schioccare le dita (per interrompere l’ipnosi, dicono, ma sembrano la «Famiglia Addams», ha replicato Renzi). La maleducazione dei grillini è ostentata, spesso rivendicata, come atto di chiarezza, trasparenza, autenticità: di «parresìa» direbbero i greci antichi, che praticavano l’arte di dire la verità; ma un linguaggio così trivializzato è più simile a quella che gli psichiatri chiamano «coprolalìa», cioè il parlare oscenamente. Ma così, il Movimento che ha resettato la Seconda Repubblica, rischia di ereditarne lo spirito deteriore: la volgarità demagogica.
La maleducazione, sosteneva lo scrittore americano Eric Hoffer (1902-1983), è la finta prova di forza dell’uomo debole: un uomo fanatico e frustrato che nell’odio e nell’irrisione dell’altro, oltre al tentativo di convertirlo, vede l’affermazione, risentita, di sé stesso. Hoffer lo descriveva ne Il vero credente, un saggio sulla natura del fanatismo di massa (uscito nel 1951 in America, in Italia è arrivato solo nel 2013, edito da Castelvecchi). Tra i tanti mestieri provati, Hoffer rivendicava lo scaricatore di porto. Anzi, a chi gli dava dell’intellettuale, rispondeva di essere uno scaricatore di cultura. Ecco, forse certi parlamentari dovrebbero leggersi le parole di questo scaricatore di porto.

lunedì 10 febbraio 2014

Assemblea sulle case popolari

Video dell'intervento del senatore Franco Mirabelli all'assemblea sindacale sul tema delle case popolari che si è svolta nel nostro circolo:






domenica 9 febbraio 2014

Verso le primarie del 16 febbraio

Domenica 16 febbraio si svolgeranno le primarie per eleggere il segretario regionale del Partito Democratico, a cui sono candidati: Alessandro Alfieri e Diana De Marchi. Sui rispettivi siti potete leggere i loro profili e i loro programmi: www.alessandroalfieri.it - www.dianademarchi.net
Ad ogni candidato è collegata una lista di persone che, in base al numero di voti ottenuti, andrà a comporre l’Assemblea Regionale del PD.
Il nostro circolo gestirà i seggi presso La Casa di Alex in Via Moncalieri 5 e la “Sala Giuseppe Bina – Spazio PD” in Viale Suzzani 273 scala A. A breve vi verranno fornite tutte le indicazioni sulle sezioni elettorali corrispondenti.
Si vota dalle ore 8:00 alle 20:00 e occorre presentarsi con documento di identità valido e tessera elettorale. Hanno diritto di voto tutti i cittadini che hanno compiuto il sedicesimo anno di età. Prima del voto verrà fatto firmare il registro degli elettori delle Primarie e la normativa sulla privacy. I non iscritti al PD dovranno versare 2 euro (che andranno a coprire le spese organizzative).

sabato 8 febbraio 2014

Ecco la nuova passerella del Parco Nord

Lunga 70 metri, unirà le due ali ovest (Niguarda-Affori-Bruzzano-Cormano) ed est (Bresso-Bicocca-Cusano-Sesto San Giovanni-Cinisello).
Intervista di Lorenzo Meyer a Pierluigi Angiuoni consigliere dell’ente Parco Nord

La domenica mattina al Parco Nord è dedicata spesso dai podisti più in forma ad allenamenti sulle lunghe distanze, normalmente tra i 15 e i 30 chilometri. Queste sedute, chiamate nel gergo dei runners “lunghi”, sono fondamentali sia per chi sta preparando i 21 km della mezza maratona sia ai più coraggiosi che hanno come obiettivo il percorso completo di 42 km. Si tratta di allenamenti che possono durare anche tre ore e che oltre all’ impegno fisico presentano anche difficoltà di concentrazione. Infatti, specie per chi corre da solo, è noioso ripetere più volte sempre lo stesso percorso. Il Parco Nord è grande e va già incontro ai podisti ma… con la imminente realizzazione della nuova passerella che scavalcherà via Veneto-Ornato e via Aldo Moro sarà più invitante. Il parco per la sua planimetria, ricorda infatti una farfalla, simbolo di cambiamento e di naturalità, che dispiega le sue due ali nel cuore della metropoli milanese, imprigionata dalle case e dalle strade che la circondano. Con questo nuovo ponte le due ali ovest (Niguarda-Affori-Bruzzano-Cormano) ed est (Bresso-Bicocca-Cusano-Sesto San Giovanni-Cinisello) del Parco Nord verranno finalmente unite e sarà quindi possibile correre ma anche pedalare tranquillamente da Affori a Sesto San Giovanni o da Cusano a Niguarda senza uscire dal grande polmone verde. Per saperne di più, su questa nuova opera, abbiamo intervistato Pierluigi Angiuoni consigliere dell’ente Parco Nord.
Quali saranno i tempi di realizzazione dell’opera?
La posa della passerella, lunga 70 metri, è prevista per giugno mentre per l’utilizzo effettivo si pensa a dopo l’estate. Si tratta del quinto ponte ciclopedonale realizzato in 20 anni dall’ente parco. Oggi il Parco Nord è sostanzialmente spezzato in due, all’altezza del confine tra Bresso e Milano, in via Ornato, dove a separare le aree verdi, oltre alle strade, c’è anche il fiume Seveso che poco lontano si immerge nel sottosuolo milanese. Questo ultimo ponte in un sol colpo scavalcherà due strade e il fiume, riunendo il parco in un’unica entità. Non solo il ciclista o il pedone potrà attraversare in piena sicurezza un nodo che attualmente lo obbliga a scendere all’incrocio semaforico ma anche i mezzi di servizio e di vigilanza potranno passare da una parte all’altra del parco con maggiore facilità, a beneficio della sicurezza di tutti.
Quali saranno e da chi verranno sostenuti i costi dell’opera?
L’opera dal costo di 1 milione e 350 mila euro sarà costruita e finanziata della catena di supermercati “Il Gigante” che proprio nei pressi della passerella sta realizzando un nuovo centro commerciale. Per un terzo sono soldi che l’operatore avrebbe dovuto versare come oneri di urbanizzazione al Comune di Milano mentre gli altri due terzi sono una quota di “compensazione ecologica”. Tutto intorno circa 12.500 metri quadrati di aree di proprietà de “Il Gigante” sono state cedute gratuitamente al parco e attrezzate con ciclabili, boschi e prati.
Ma le novità non finiscono qui, non è vero?
Confermo. Oltre via Aldo Moro il Parco Nord ha in progetto, anche se non ancora imminente, la creazione di un lago che molto probabilmente sarà balneabile. Alimentato dal canale Villoresi, sarà profondo tra i 2 e i 3 metri.

venerdì 7 febbraio 2014

Una nuova società per gli alloggi popolari a Milano

Articolo di Daniele Cazzaniga
Una nuova società prenderà il posto di Aler nella gestione delle circa 68mila case popolari sul territorio di Milano che sono di proprietà sia del Comune (28mila alloggi) sia della stessa Aler (40mila). A dare vita al nuovo soggetto - che dovrebbe debuttare fra due mesi - saranno Palazzo Marino e la Regione Lombardia. La decisione è arrivata il 28 gennaio al termine del colloquio (durato circa un’ora) fra il sindaco Giuliano Pisapia e il governatore Roberto Maroni. “Le case popolari vivono situazioni di degrado non degne di una città come Milano - ha affermato il sindaco al termine del vertice. - Entro due mesi nascerà una nuova società congiunta di gestione delle case popolari per dare un segnale forte di attenzione e per arrivare in tempi relativamente brevi a dare case dignitose”. I due enti hanno deciso di stanziare somme straordinarie da destinare alla manutenzione ordinaria del patrimonio edilizio, oltre a interventi sui canoni di locazione per risolvere la situazione di morosità. “È una soluzione ragionevole e innovativa”- ha confermato Maroni - Ci diamo due mesi di tempo per seguire questa strada. Non c'è alcun contrasto fra noi”.

Intervista esclusiva a Matteo Quitadamo del Sunia
Come si può leggere qui sopra il mondo Aler è di nuovo in prima pagina (o forse non è mai andato via): rescissione unilaterale delle convenzioni, mala gestione, riforma (solo a parole) e ultima, non certo in ordine di importanza, la presa di posizione del Comune di Milano che dovrebbe portare alla nascita di una nuova società incaricata di gestire il patrimonio di Erp (Edilizia Residenziale Pubblica) nella nostra metropoli.
Matteo Quitadamo, da una vita impegnato in prima fila nelle attività del Sunia in zona 9, leggiamo da mesi notizie allarmanti sull’Aler: ci fa il punto della situazione?
Al giorno d’oggi le cose sono molto complicate perché sono venute a galla tutte le storture che negli ultimi 20 anni Aler e Regione hanno sistematicamente messo in atto. Negli anni scorsi Aler e Regione hanno fatto delle operazioni immobiliari che si sono poi rivelate fallimentari mettendo in piedi delle società collegate chiedendo dei mutui che poi entravano nel bilancio di Aler con l’avvallo e la garanzia della Regione Lombardia. Oggi mi si viene a dire che la colpa del buco economico è dovuto agli inquilini che non pagano? Per onore di verità bisogna dire che c’è anche questo aspetto, ma in confronto al debito è assolutamente marginale. Mentre le colpe bisogna cercarle soprattutto nel mancato finanziamento da parte di Regione Lombardia.
Più volte la Giunta comunale presieduta da Pisapia ha chiesto ad Aler un cambio di rotta perché amministrare così il patrimonio immobiliare del Comune è scandaloso. Nei giorni scorsi esponenti della Giunta hanno minacciato di fare gestire gli immobili della nostra metropoli ad un’altra società. Siamo veramente così allo sbando? L’Erp rischia di diventare un problema economico e di sicurezza e non una risorsa per calmierare il mercato immobiliare e degli affitti?
Noi ci aspettavamo che, con la Giunta Pisapia, ci sarebbe stato già da tempo un cambio di rotta. Ma ad oggi, tranne alcuni interventi marginali, il cambio di rotta non c’è stato e ben venga la presa di posizione del Sindaco che intende occuparsi seriamente delle case popolari, chiedendo anche il coinvolgimento della Regione. Ma per cambiare rotta e per fare marciare le cose nel verso giusto c’è bisogno di finanziamenti e in quasi tre anni la Giunta Comunale non ha brillato in questo senso. Poi è chiaro che quando le cose non funzionano si cercano altre vie come può essere quella di affidare ad altri soggetti che non siano Aler, ma questa via è stata già percorsa negli anni scorsi dalle Giunte Albertini e Moratti che hanno assegnato a soggetti privati la gestione del patrimonio comunale con esiti disastrosi, sia a livello amministrativo sia tecnico, con grande disagio per gli inquilini. È chiaro che ci sono anche le mancanze di Aler in materia: evidentemente la convenzione che è stata firmata tra Comune ed Aler non funziona. Va rivista, aggiornata e soprattutto finanziata con risorse adeguate. Il Sunia ribadisce ancora una volta che la gestione del patrimonio pubblico deve rimanere in mano pubblica che sia Aler o un altro soggetto, ma sempre pubblico. E mi pare che anche gli esponenti del Comune abbiano fatto marcia indietro; vedremo nei prossimi mesi.
I sindacati inquilini da anni cercano di firmare accordi/convenzioni per migliorare la gestione di questo immenso patrimonio immobiliare e calmierare gli affitti e le spese. Dalla sera alla mattina Aler e Giunta Maroni decidono di non rinnovare il protocollo d’intesa 19/1/2011. Mi pare questo il punto forte di scontro su cui ora vi state battendo.
Abbiamo già intrapreso diverse iniziative e continueremo finchè non riusciremo a riportare Regione Lombardia e Aler al tavolo delle trattative. La legge 27/07 è stata pensata e approvata con l’intento che gli abitanti delle case popolari, con gli affitti versati, debbano raggiungere il pareggio di bilancio. A dicembre l’Aler ha disdettato l’accordo, faticosamente sottoscritto con i sindacati inquilini nel 2010 e tra l’altro previsto dalla stessa legge, per l’abbattimento dei canoni. Con questa scelta si creano ulteriori difficoltà alle fasce più deboli degli inquilini e siamo convinti che tutto ciò porterà a un aumento notevole della morosità, già aumentata sia per effetto della crisi economica sia per l’applicazione della L.R. 27/07. Per sostenere questa lotta il Sunia invita gli inquilini a ritardare i pagamenti e a recarsi nei nostri uffici a sottoscrivere la lettera di protesta da inviare ad Aler (Via Volturno 43 dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18; Via Moncalieri 5 - alla sede del Pd – venerdì dalle 10 alle 12; Viale Ca’ Granda 44 mercoledì dalle 10 alle 12).
Altre questioni salienti aperte?
Di questioni salienti aperte in questo periodo ce ne sono diverse. Intanto abbiamo la questione della riforma delle Aler: anche se la Regione pensa di averla chiusa noi siamo di parere diverso ma, visto i rapporti pessimi che ci sono in questo momento, la vedo molto dura. Con Aler siamo ai ferri corti come spiegavo prima, anche perché il Presidente dell’Aler si dice impotente e non muove virgola senza autorizzazione di Maroni. Sul Comune che dire? Ci fa piacere che Giuliano Pisapia in questi giorni abbia preso una posizione chiara e che si sia schierato sulle posizioni dei sindacati e di questo ringraziamo sia il Sindaco sia il Partito Democratico che hanno aderito ufficialmente alla nostra manifestazione.
Ma alla luce dell’approvazione della L.R. 27/07 che ha fortemente compromesso la funzione sociale del servizio Erp, assumendo l’autofinanziamento delle Aler come elemento fondante della politica di settore della Regione, le case popolari hanno un futuro?
Rispondere non è semplice. Il gioco è tutto politico perché la Regione è la sola responsabile dell’edilizia popolare e non può fare finta di niente. Vorrei ricordare che negli ultimi 20 anni la Regione è stata governata dal centrodestra e non mi sembra che la politica sociale fosse e sia al centro della sua azione politica, ed essendo il governatore Maroni in perfetta continuità con il passato non credo abbia intenzione di cambiare rotta. Ci si deve mettere in testa che si deve dedicare risorse all’edilizia popolare perché così non regge. Se si vuole dare dignità al settore si deve mantenere quella funzione sociale rappresentata dalle case popolari; bisogna impegnare denaro perché siamo al collasso e non certo per gli inquilini che non pagano. Poi andiamo a mettere le mani nelle Aler e correggere quelle malversazioni e abusi che ci sono. Nelle ultime ore la situazione sta prendendo una piega diversa, c’è stato un incontro tra Maroni e Pisapia per fare il punto della situazione e hanno deciso che nei prossimi due mesi ci saranno grosse novità e cioè quella di formare una società che gestisce il patrimonio delle case popolari sia di Aler sia del Comune con criteri diversi fin qui usati. Io sono molto preoccupato dal punto di vista sindacale: i lavoratori Aler che fine faranno? E non sto parlando dei soggetti che hanno contribuito a portare al disastro finanziario e morale di questo Ente. Il sindacato Sunia starà allerta sulla questione e farà di tutto per raggiungere quell’equilibrio che serve in momenti come questo.

giovedì 6 febbraio 2014

Senza soldi Aler muore e Maroni fa solo propaganda

Articolo di Franco Mirabelli pubblicato da L'Unità.

Da qualche settimana, spesso su impulso della giunta regionale, si parla con insistenza della grave situazione in cui versa l'edilizia residenziale pubblica in Lombardia, si scopre che Aler Milano ha un bilancio in rosso ed esposizioni bancarie per centinaia di milioni, si attribuisce alle incapacità di gestione questa situazione.
Per chi come noi da anni denuncia le inefficienze di Aler, denuncia l'abbandono in cui sono stati lasciati i quartieri popolari sempre più degradati e lamenta le condizioni inaccettabili di vita in cui vengono lasciati tanti cittadini, non c'è nulla di nuovo.
Anche i quaranta milioni e oltre di buco non possono stupire chi, come noi, da tempo pone la questione del finanziamento dell'edilizia residenziale pubblica. In Consiglio Regionale avevamo denunciato che l'idea contenuta nella Legge regionale 27, secondo cui gli alti costi della gestione delle case popolari potevano essere coperti dall'aumento dei canoni agli inquilini, non stava in piedi e avrebbe creato la situazione attuale in cui, per assenza di risorse, la qualità dell'abitare è peggiorata mentre su alcune famiglie gli aumenti in tempi di crisi hanno pesato. E, di fronte all'aumento delle spese, lo stesso aumento della morosità era prevedibile, anche se spesso non giustificabile. Insomma, che quel modello non fosse e non sia sostenibile era già evidente.
Ma non è di questo che si parla sulla stampa o nella maggioranza di Maroni. È chiaro che il modo di funzionare delle Aler, in particolare a Milano, sia stato segnato da inefficienze, sprechi, clientele e malagestione. L'abbiamo denunciato ed è evidente che su questo si deve intervenire. Ma è sospetto il fatto che dalla giunta regionale non si parli d'altro che di questo o si inventino altre giustificazioni per il deficit di Aler assolutamente risibili come il sostenere che è responsabilità dell'insostenibile peso dell'Imu senza sapere che dal 2013, grazie a noi, le Aler non pagano più l'Imu.
In realtà, scaricando sulle società di gestione le responsabilità, la giunta e il centrodestra che governano da anni Regione Lombardia cercano di nascondere i propri fallimenti. L'idea di non affrontare il tema del finanziamento dell'edilizia residenziale pubblica ha già portato Lega e PDL nella scorsa e nell'attuale legislatura a cambiare per due volte l'assetto societario delle Aler, ma è evidente che questi tentativi in assenza di altre riforme sono inutili. Nonostante la propaganda, non è certo la riduzione o la successiva cancellazione dei cda che può cambiare la situazione. Parlare di ciò serve solo a depistare dal vero problema che riguarda il finanziamento.
Su questo non solo non si è fatto nulla ma, addirittura, la Regione ha bloccato i finanziamenti che aveva promesso lasciando le autogestioni senza soldi e bloccando ogni progetto avviato.
Insomma, la Regione e chi l'ha governata non può scaricare sulle Aler le proprie colpe.
Non lo dico per una sorta di rivalsa o solo per affermare un principio di responsabilità, ma, voglio sottolineare che o si cambia strada o la situazione rischia di peggiorare; si deve ridiscutere il sistema di finanziamento prevedendo forme di sostegno pubblico, prendendo atto che i soli canoni non possono essere risolutivi. O si cambia su questo punto o non c'è soluzione. O si scioglie il nodo del finanziamento non episodico, oppure anche la buona idea della nuova società pubblica di Regione e Comune di Milano rischia di non decollare.
Purtroppo la Regione al di là dell’alimentare una giusta attenzione alle inefficienze Aler, non sembra aver intenzione di cambiare. I primi atti sono preoccupanti: di fronte alla mancanza di risorse, ha scelto di stracciare l'accordo sindacale che garantiva esenzioni per le spese per i nullatenenti e ipotizzato, come leggiamo, la soluzione dell'aumento dei canoni. Queste cose dimostrano che si vuole proseguire sulla strada del risolvere i problemi scaricandoli sugli inquilini, in particolare i più deboli. Su questa strada non solo ci sarebbe un’ulteriore ingiustizia ma sarebbe anche tutto inutile e tutta questa attenzione di Maroni per le case popolari si rivelerebbe un inganno, solo un modo per non rispondere di ciò che la sua maggioranza ha fatto in questi anni.

mercoledì 5 febbraio 2014

Case popolari bene pubblico: piccolo e bello

Segnaliamo un'articolo scritto da Emilio Vimercati per Arcipelago Milano.

Puntualmente torna alla ribalta la questione dei debiti delle Aler, aziende lombarde edilizia residenziale, e in particolare di quella milanese sotto di 345 milioni di euro. Di conseguenza nelle istituzioni scattano da parte dei politici le più complesse proposte ingegneristiche per modificare gli assetti delle aziende. Giustamente si cerca di capire come si è giunti a tale disastro sociale ed economico che graverà sui cittadini, mai sui gestori, per poi ridursi a stiracchiare competenze, confini, presidenze, con l’organizzazione sottostante inalterata.
04vimercati05FBLe ragioni di questa mala gestione sono tantissime ma è opportuno sottolinearne una: un tale patrimonio non può essere gestito da aziende che tendono al gigantismo ma semmai al contrario è utile restringere al massimo i suoi campi di azione con una pluralità di amministrazioni locali che siano in grado di presidiare il territorio stando vicino ai cittadini dei quartieri popolari. Ridurre a cinque le aziende regionali è una pessima riforma. Non si controllano occupazioni abusive, morosità, racket, manutenzioni, servizi, se non c’è una presenza puntuale in queste zone sensibili e ad alto rischio che hanno componenti di degrado, conflitti, vandalismi, comportamenti borderline, emarginazione e povertà, tutto in capo ai Comuni non alle Regioni o alle Aler. Non si può certo ritornare a soluzioni di spartizione politica e di lottizzazione dei consigli di amministrazione come per tanti decenni è successo trattando le case popolari come un terreno di conquista elettorale con sanatorie infinite e maltrattando una importante questione urbana a scapito dell’efficienza, della buona economia e dell’offerta sociale; è ora di uscire dalla palude dell’emergenza continua con soluzioni razionali.
Il progetto che non si è mai voluto realizzare, per opportunismo e per mantenere lo stato esistente, consiste nell’abolizione delle Aler consegnando i patrimoni nella disponibilità dei Comuni che li devono gestire in proprio con un servizio in economia attraverso un settore dedicato. Né aziende speciali o partecipate che non funzionano, né nuovi amministratori, né privati visti gli infelici precedenti: gestione diretta a contatto con i cittadini, un patrimonio a bilancio, risparmi fiscali. Ai lavoratori delle Aler sia garantita la riassunzione nei comuni che ne avranno bisogno. Dei 1544 comuni lombardi circa un quarto ha sul proprio territorio insediamenti di case popolari e ne conoscono perfettamente problemi e bisogni. I piccoli comuni devono avere la facoltà di unirsi in consorzi. Nei pochi capoluoghi di provincia ove è più massiccia la presenza di abitazioni pubbliche sia anche possibile affidare alle circoscrizioni i compiti per la gestione ordinaria e di custodia sociale.
Le Regioni si sono allargate nell’interpretare il Titolo V della Costituzione andando oltre i compiti legislativi e invadendo quelli gestionali. Arretrino e consentano ai Comuni di decidere in proprio modalità di assegnazione degli alloggi, criteri, tetti economici, canoni, adeguandoli alle condizioni sociali delle famiglie e delle zone territoriali così diverse per esempio dalle Alpi al Po. Da padroni di casa i Comuni possono con buon senso valutare meglio le situazioni delle famiglie in difficoltà diversamente dalle Aziende reclinate sui conti. Le Regioni e lo Stato mettano a disposizione le risorse e controllino l’attuazione dei programmi: sarebbe già un risultato eccezionale se i cantieri rispettassero i tempi previsti di esecuzione dei lavori e i relativi costi preventivati sia per le nuove costruzioni che per la manutenzioni straordinarie.
Una proposta del genere sarà dichiarata irricevibile e cestinata dai Comuni che non vogliono, come dicono, “grattarsi una rogna”. Ma allora i Comuni che ci stanno a fare? Il patrimonio pubblico non è una criticità ma una risorsa. Lasciare in mano alle Regioni questa questione perché non è un servizio nobile è poco lodevole. Così l’edilizia pubblica rimarrà sempre un buco nero in cui buttare soldi senza ritorni di efficienza. I Comuni gestiscono servizi importanti e la casa è uno di questi beni comuni e possono introdurre maggiore trasparenza sia nei contratti di appalto che nelle spese delle abitazioni creando valorizzazione e consenso.
Serve innovare con coraggio: è l’inefficienza che non è popolare. Ridare credibilità alla politica si fa anche spezzando la logica dell’accentramento in megalomani strutture; puntando invece su gestioni decentrate e sulla responsabilità degli amministratori comunali è possibile ricostruire un tessuto sociale di servizi che risponda ai bisogni dei cittadini, risanando i conti nel tempo con equità, svolgendo attività di vigilanza a tutela degli inquilini, riqualificando e migliorando la vivibilità nei quartieri soprattutto periferici sotto l’unica regia dei Comuni.

martedì 4 febbraio 2014

Mirabelli: approvato un mio odg per ridurre la pericolosità delle slot

"Il governo ha accolto un mio ordine del giorno alla delega fiscale in cui si impegna ad introdurre una serie di norme per ridurre la pericolosità del gioco d'azzardo e delle slot machine". Lo dice il senatore Franco Mirabelli, capogruppo del Pd nella commissione Antimafia.
"In particolare - spiega Mirabelli - l'ordine di giorno accoglie le richieste delle associazioni impegnate nella lotta alle ludopatie e chiede al governo di valutare l'opportunità di concentrare i luoghi dedicati alla presenza delle slot machine, per realizzare maggiore sicurezza e controllo, soprattutto per i minori. Il governo è stato inoltre impegnato a contrastare il gioco compulsivo, aumentando il tempo per ogni euro speso, che oggi si è ridotto a 4 secondi. Per proteggere i minori, inoltre, abbiamo proposto l'obbligo alla chiusura delle slot negli orari prossimi all'entrata e all'uscita dalle scuole".

lunedì 3 febbraio 2014

Informazioni sui provvedimenti approvati in Parlamento

Cari Democratici,
nelle scorse settimane sono stati approvati provvedimenti importanti in Parlamento sui quali si è anche alimentata la polemica politica.
Per aiutare a fare un po’ di chiarezza segnaliamo alcuni spunti di riflessione.
Alla Camera dei Deputati si è innescata una violenta protesta del Movimento 5 Stelle al momento dell’approvazione del Decreto Imu-Bankitalia, in particolare con Laura Boldrini (che ha bloccato la discussione utilizzando il meccanismo della “tagliola” al fine di consentire la votazione nei tempi necessari) e si è detto che veniva privatizzata la Banca d’Italia.
In realtà, la “tagliola” si è resa necessaria perché il decreto era in scadenza e, se non si fosse votato, i cittadini avrebbero dovuto pagare la seconda rata dell’IMU. Le banche citate nel decreto erano già in possesso delle quote di Bankitalia, sono soltanto state rivalutate al valore attuale, consentendo così di far entrare nelle casse statali 900 milioni di euro, che vengono usati per esonerare gli italiani dal pagare la seconda rata dell’IMU.

Un’altra polemica si è innescata (questa volta ad opera della Lega) durante l’approvazione del Decreto Carceri, in cui non vi è alcun cedimento nei confronti dei delitti gravi e di mafia, nessun indulto mascherato, nessuna liberazione automatica ma si potrà avere uno sconto di pena solo sulla base di una valutazione in concreto da parte del giudice della positiva condotta dei condannati.

Per aiutare a comprendere meglio le condizioni di vita nelle carceri italiane e il difficile tentativo di rieducare i detenuti in un contesto al limite della vivibilità, segnaliamo il video un servizio serio andato in onda nella trasmissione Gazebo>> in cui viene illustrato la geografia del Carcere Regina Coeli di Roma e la vita dei detenuti nelle varie sezioni e poi invitiamo a leggere la cronaca della visita delle carceri milanesi>> avvenuta qualche anno fa da parte di Franco Mirabelli (allora consigliere regionale), Enrico borg (consigliere provinciale) ed Emanuele Fiano (Deputato).

domenica 2 febbraio 2014

Expo: il progetto, le trasformazioni urbane, il lascito alla città e la legalità negli appalti

Manca poco più di un anno all’avvio ufficiale di Expo 2015 che vedrà Milano e la Lombardia protagoniste e le porterà a confrontarsi con gli altri Paesi su tematiche importanti per il futuro del Pianeta.
Expo sta portando alla città di Milano e al territorio circostante delle grandi trasformazioni che lasceranno il segno anche dopo l’evento.
Di questo, del progetto Expo, delle trasformazioni che sta apportando nel territorio milanese e di cosa resterà a manifestazione conclusa, ma anche di come prevenire e contrastare il rischio di infiltrazioni mafiose negli appalti si è parlato domenica 2 febbraio, presso l’Auditorium Ca’ Granda a Milano in un incontro organizzato dal circolo PD Prato-Bicocca in collaborazione con il PD della Zona 9 di Milano sul tema “Expo 2015: ieri, oggi e domani”. Qui il video dell'incontro>>
L’incontro coordinato da Gianandrea Abbascià (Circolo PD Prato-Bicocca), è stato aperto da Mariangela Rustico (Coordinatrice PD della Zona 9), la quale ha segnalato come anche il territorio della Zona 9 e i suoi siti siano interessati dalle trasformazioni e dai progetti di riqualificazione in vista del grande evento del 2015. Del progetto di Expo, dell’importanza dei temi che verranno sviluppati ha parlato invece Maurizio Martina (Sottosegretario al Ministero delle Politiche Agricole con Delega ad Expo), il quale ha ribadito che la manifestazione può essere una grande occasione per il rilancio di Milano nel mondo, data l’ampia partecipazione di tutti i Paesi all’interno dei padiglioni. Expo – secondo Martina – può fungere da motore del cambiamento tanto auspicato per il nostro Paese, ridare una prospettiva e spingere per l’innovazione necessaria oltre che per mettere in risalto le qualità italiane e far parlare del nostro Paese in modo positivo, uscendo dalle polemiche spicciole del quotidiano. Di grande occasione che parte da Milano ma che è utile a tutta l’Italia ha parlato anche Ada Lucia De Cesaris (vicesindaco di Milano), definendo Expo come un possibile modello da utilizzare e valorizzare. “Con Expo siamo partiti in ritardo – ha affermato il vicesindaco – ma è importantissimo perché può mettere in moto dei principi di riqualificazione profonda per il nostro territorio” e, per quanto riguarda più specificatamente la Zona 9 di Milano e per il progetto del Gasometro in Bovisa l’idea è che possa diventare un polo importante per la ricerca e per collegare quel mondo al mondo del lavoro, mentre altre realtà come ad esempio l’Isola e Porta Nuova stanno cominciando a vedersi già più definite. “Occorre immaginare uno sviluppo del territorio per tappe - ha chiarito il vicesindaco - e le strutture utili verranno mantenute anche dopo la manifestazione”.
Per Lucia De Cesaris, tuttavia, serve “vision” e capacità di aprire agli investimenti stranieri: “Gli altri Paesi guardano a Milano con grande attenzione e questo può essere sfruttato per il rilancio della città. Senza dimenticare che una grande partita è giocata sull’area metropolitana e sul recupero delle aree agricole del territorio che possono trovare nuova forza e nuovi mercati in cui esportare, per questo sarà necessario un grande lavoro con il distretto agricolo milanese per puntare alla valorizzazione dei prodotti”.
Per quanto riguarda il dopo-evento, il vicesindaco ha precisato che esistono già delle regole da rispettare riguardanti le volumetrie per l’edificazione e il fatto che il 51% dell’area occupata da Expo dovrà diventare un parco; tuttavia ci sarà una discussione su quali progetti e quali funzioni dovranno essere contemplate in questo.
Franco Mirabelli (Senatore e Capogruppo PD Commissione Politiche Parlamentare di Inchiesta sul fenomeno delle Mafie), ha segnalato come all’inizio ci sia stata una sottovalutazione dell’evento e di come non si sia compreso che il tema dell’alimentazione sarà decisivo per il mondo ed è più che mai necessario che si apra una riflessione sui modelli di produzione e di consumo. Expo, dunque, può far diventare Milano un punto di riferimento per la discussione sull’alimentazione e il confronto tra le tecniche di produzione e il mondo della ricerca.
Per quanto riguarda la Zona 9, Mirabelli ha ricordato che la Metro 5 esiste grazie ai finanziamenti stanziati per Expo in quanto è un’opera ad esso correlata e ha ribadito l’importanza del coinvolgimento anche del Parco Nord che da anni è sede del Festival della Biodiversità.
Parlando del lavoro svolto in Commissione Antimafia, Mirabelli ha evidenziato come Expo rischi di diventare un’occasione ghiotta anche per organizzazioni criminali e per evitare questo sono state messe in campo misure importanti e innovative: “Il fatto che ci siano già state 41 aziende interdette ai lavori significa che le norme adottate funzionano. È importante che le certificazioni antimafia arrivino presto in modo da escludere dagli appalti possibili soggetti pericolosi. Oggi si sta costruendo anche una banca dati informatica in grado di vagliare tutti i dati, sono riaperti i concorsi per l’ampliamento degli organici delle forze dell’ordine, sono stati siglati tre protocolli per la sicurezza e la messa in atto di un sistema di controllo per impedire l’inquinamento degli appalti che coinvolge tutte le istituzioni, tanto che i magistrati chiedono che venga esteso anche ad altri grandi eventi e all’ortomercato. L’esperienza di Expo, quindi, può fare da modello per la gestione degli appalti”.
Sul tema delle infiltrazioni mafiose, dunque, per Mirabelli, le istituzioni si sono attrezzate per tempo: al momento si è chiusa la fase di verifica di appalti e subappalti pubblici e ora serve avere la stessa attenzione verso ciò che faranno i Paesi ospiti nella costruzione dei padiglioni e nelle aziende che ci lavoreranno e anche su questi cantieri andranno fatte delle verifiche.
Expo, secondo il senatore del PD, può migliorare la vita di Milano, può aprire la città e può dare una mano a riagganciare la ripresa economica nel Paese.
A chiudere gli interventi è stata Arianna Censi (Coordinatrice Segreteria PD Milano e Città Metropolitana), la quale ha segnalato l’importanza del coinvolgere i cittadini su questi temi e sugli obiettivi che si sono fissati, aprendosi alle varie realtà e dialogando con le associazioni presenti, anche utilizzando il PD per aiutare a rafforzare l’azione comunicativa del lavoro svolto dal Comune. “Expo rappresenta la possibilità di raccontare le potenzialità del nostro territorio, la qualità dei nostri prodotti ma anche di rigenerare la pubblica amministrazione e questa occasione va colta”, ha ribadito Arianna Censi.