sabato 22 febbraio 2014

Incontro con Mirabelli



Grazie alle tante persone che hanno preso parte al confronto che abbiamo avuto oggi pomeriggio con il senatore Franco Mirabelli e che hanno avuto modo di esporre i loro dubbi, le loro domande e di ottenere risposte.
Questo è il video della relazione introduttiva fatta oggi da Mirabelli:




Un incontro molto partecipato quello di oggi, in cui tanti hanno voluto intervenire per esprimere la propria opinione sulla fase che è in corso e per porre domande al senatore Mirabelli che, come tanti altri suoi colleghi, si è trovato nella difficile situazione di provare a far comprendere le ragioni di una scelta non semplice da digerire per una base del partito forse ancora troppo legata a schemi di un passato che non c’è più e che fatica ad orientarsi nel brusco cambiamento di stile e di velocità decisionale impresso dal nuovo Segretario del PD.
«Siamo dentro ad un passaggio politico molto complicato – ha esordito Mirabelli ad ogni incontro – e aspettiamo di vedere i risultati prima di esprimere giudizi troppo netti. È sbagliato ridurre tutta la vicenda di questi giorni all’aver “fatto fuori Letta”: indubbiamente Letta è stato trattato male ma ci sono delle ragioni politiche dietro al nuovo scenario che si è creato».
Secondo Mirabelli, ci trovavamo oramai in una situazione in cui si rischiava l’immobilismo: «Dobbiamo riconoscenza a Letta per gli 8 mesi di governo e gli dobbiamo anche qualche scusa ma non solo per l’ultima fase. Avremmo dovuto lavorare per valorizzare un po’ di più i risultati positivi che comunque almeno fino a dicembre il Governo Letta ha ottenuto e che oggi si trasferiscono sui numeri, come ad esempio il fatto che l’economia è tornata ad aumentare dopo 9 trimestri in cui scendeva, lo spread è stabile sotto i 200 punti; c’è un merito se ci sono 20 miliardi di giro d’affari prodotti dal decreto legge sul bonus ambientale, se è stato approvato un decreto che da qui al 2017 abolisce il finanziamento pubblico ai partiti. Questi sono risultati dell’azione del Governo Letta e vanno riconosciuti, mentre noi, invece, siamo stati un po’ timidi su queste cose». «Tuttavia, - ha spiegato Mirabelli - da un po’ di tempo la spinta propulsiva del governo si era fermata: dopo l’approvazione della Legge di Stabilità si è registrato un calo di consensi molto forte, lo dicevano i sondaggi ma anche le parti politiche e sociali. Una parte della maggioranza e anche una parte della società italiana aveva smesso di investire sul governo (si ricordino le critiche arrivate dai sindacati e da Confindustria)».
L’azione di governo nel rispondere alle esigenze dei cittadini italiani, dunque, era ritenuta troppo lenta e poco incisiva, per questo, secondo Mirabelli, tutti hanno ritenuto opportuno che si avviasse una nuova fase e tutti hanno chiesto l’impegno diretto del Segretario del PD, a cominciare dalla minoranza interna (che ha spinto affinché la Direzione Nazionale del partito anticipasse la discussione sul rapporto tra partito e governo e si arrivasse ad un chiarimento e ha votato il documento proposto dal Segretario) e sulla stessa linea si sono registrate le dichiarazioni di Alfano e di Scelta Civica.
Mirabelli ha ricordato, quindi, le ragioni per cui all’inizio della legislatura, in seguito al risultato elettorale con cui si è registrato che il 30% circa dei cittadini italiani non è andato a votare e il 25% dei cittadini italiani ha scelto di votare un partito antisistema, si era stati costretti a dare vita ad un governo di larghe intese presieduto da Letta: «C’è un problema democratico in questo Paese e, se noi non siamo capaci di fare le riforme in questa legislatura, il prossimo passaggio potrebbe essere molto pericoloso per la democrazia italiana. Oggi c’è un problema di credibilità della politica e di credibilità delle istituzioni. – ha sottolineato il senatore – e se tornassimo a votare anche con una legge elettorale diversa ma per lo stesso numero di parlamentari e ancora con il bicameralismo, la politica non avrebbe la credibilità che deve invece recuperare. Il problema non è il PD o Renzi, il problema è il Paese, la democrazia e le istituzioni di questo Paese. Se vogliamo ridare credibilità alla politica, abbiamo bisogno di fare delle riforme. Anche Letta, come Renzi oggi, non ha avuto l’investitura popolare, però siamo ancora in un Paese in cui il Presidente del Consiglio lo elegge il Parlamento. Sarebbe meglio avere elezioni in cui i cittadini scelgono chiaramente chi vogliono fare leader, però, sappiamo tutti che se si andasse a votare - in particolare adesso, dopo che c’è stata la sentenza della Corte Costituzionale - avremmo un sistema proporzionale che ci riconsegnerebbe un quadro di ingovernabilità e costringerebbe nuovamente alle larghe intese e, quindi, tutt’altro rispetto alla scelta di chi deve governare il Paese. Per questo, trovo assurda questa idea di andare a votare e di dire che in Italia non si vota mai: abbiamo votato un anno fa e i cittadini, se li si porta a votare una volta all’anno, si disaffezionano alla democrazia».
Questo è il quadro del percorso in cui si inserisce anche quest’ultimo passaggio: il governo Letta rischiava di rimanere imbrigliato e immobile e, quindi, di non riuscire più a portare a casa le riforme per le quali si era deciso di formarlo. Tornare al voto senza aver fatto le riforme promesse avrebbe significato la perdita di credibilità definitiva per la politica e, di fatto, si sarebbe consegnato il Paese alle forze antisistema e populiste. Per evitare tutto questo, per ridare forza alla spinta riformatrice di cui l’Italia ha bisogno, il PD ha compiuto la scelta più difficile e più rischiosa, che è quella di giocare tutto se stesso e il suo Segretario per dare vita ad un nuovo governo che avesse anche la capacità di cambiare i ritmi, di fare delle cose anche sulle questioni politiche e sociali per dare risposte ai cittadini e allo stesso tempo lanciare un messaggio di innovazione e cambiamento.
Questo è il senso dell’operazione che è stata fatta e ora, afferma il senatore Mirabelli, va sostenuto convintamente dal Partito Democratico: «Abbiamo bisogno di un partito che investa consapevolmente su questa fase, perché questa è l’ultima spiaggia non per noi del PD, ma per costruire un processo di riforme in grado di ridare credibilità alle istituzioni e senza le quali la democrazia italiana va in crisi. Matteo Renzi lo ha detto il giorno dopo essere stato eletto che questa è l’ultima occasione ma ce lo hanno detto anche tanti elettori delle primarie che o adesso si cambiava veramente oppure basta. Se ce lo dice il nostro popolo, se ce lo dicono quelli che vengono ancora a votare alle primarie, immaginiamoci che cosa pensano quelli che non vanno neanche più a votare alle elezioni! E, se questa è l’ultima spiaggia, allora, dobbiamo sapere che dobbiamo discutere del Paese, non di noi. Mi preoccupa il fatto che qualcuno, mentre aspettavamo la lista dei Ministri, ha cominciato a mettere in discussione il Segretario del partito, quasi che il partito fosse una cosa autoreferenziale che non c’entra. Il partito adesso si deve assumere a pieno questa responsabilità del governo: non dobbiamo discutere di noi ma dobbiamo discutere del Paese e di quello che possiamo fare per il Paese, anche confrontandoci tra idee diverse».

Tra i dubbi espressi dagli iscritti al PD presenti alle varie assemblee molti riguardavano la giovane età e la presunta inesperienza dei membri del nuovo governo (in particolare delle donne Ministro), altri contestavano il fatto che Renzi nominato premier potesse mantenere anche l’incarico di Segretario o peggio affidare il partito ad un reggente.
Nel rispondere Mirabelli ha sottolineato come «Renzi, per lo stile, risponde a una domanda di cambiamento e di rinnovamento della politica che c’è nel nostro Paese. Per anni abbiamo invocato il rinnovamento e le facce nuove e adesso abbiamo il governo più giovane della storia della Repubblica e va valorizzato, poi li si giudicherà dai risultati. Il fatto che ci siano 8 donne e 8 uomini è un dato importante: anche su questo, non possiamo fare per anni la battaglia perché siano riconosciute le pari opportunità e il valore che possono portare le donne dentro la politica e dentro al governo e poi, quando lo mettiamo in pratica, restiamo subalterni a ragionamenti inaccettabili che si sentono in giro sul fatto che le donne sono solo ornamentali. Ci sono le elezioni europee alle porte e, già in vista di quell’orizzonte, questo Governo dovrà fare delle cose perché bisogna dare dei messaggi forti di capacità di cambiare passo e di capacità di fare delle cose».

Contrario alla riapertura del dibattito sul Segretario, Mirabelli ha segnalato che «Stiamo ancora discutendo del PD. Non possiamo stare in un partito che vive in un congresso permanente: facciamo vedere agli italiani che discutiamo del Paese e non di noi. Il punto non è il PD ma che funzione abbiamo per il Paese. Oggi dobbiamo recuperare credibilità: i cittadini pensano che la politica sia distratta e non si occupi di loro; c’è poi un 25% che ha votato Grillo e che ritiene che tutto il sistema non vada bene e il sistema istituzionale e democratico del Paese è molto debole. Non possiamo fingere di trovarci in una fase di ordinaria amministrazione ma dobbiamo prendere coscienza del quadro il cui ci troviamo e il risultato elettorale avrebbe dovuto farci riflettere e farci cambiare il nostro modo di ragionare: siamo il terzo partito tra gli operai e i giovani non ci votano; in questo contesto una discussione tutta autoreferenziale non ha senso. Così come non ha senso proseguire la lotta tra ex democristiani ed ex comunisti: l’elezione di Renzi a Segretario del PD chiude definitivamente quella discussione, oggi serve confrontarsi sui contenuti indipendentemente dalla cultura di provenienza».

Mirabelli, infine ha evidenziato la necessità di fare lo sforzo di guardare a questa nuova situazione come un’opportunità per il Paese e di impegnare tutto il PD a sostenere l’azione di questo governo affinché si riescano a realizzare le tanto auspicate riforme e non di vivere il tutto come una cosa da sopportare. «Nei partiti si costruiscono i gruppi dirigenti e questi poi sono delegati a dirigere e si assumono le responsabilità delle decisioni prese, il documento proposto da Renzi alla Direzione Nazionale è stato votato da 136 persone e la discussione era stata sollecitata dalla minoranza, non si può far finta di non saperlo», ha replicato Mirabelli alla contestazione quasi unanime che è giunta sulla modalità in cui tutto si è velocemente discusso e deciso «senza consultare la base».

Un’opportunità, secondo Mirabelli, è anche l’ingresso del PD nel PSE: «E’ un fatto importante, che costruiamo da anni e che servirà a far diventare quel luogo la casa di tutti i progressisti europei. Con questa mossa il PD si colloca all’interno di un gruppo importante al Parlamento Europeo e ci presentiamo alle elezioni per la guida dell’Europa con un unico candidato che è Martin Schulz. Oggi i partiti europei sono cambiati rispetto ad anni fa: il PPE è la casa dei conservatori e i progressisti stanno in prevalenza nel PSE, che non è più solo il partito dei socialisti ma al suo interno vi sono molte forze con culture diverse come è il PD».