Segnaliamo un'articolo scritto da Emilio Vimercati per Arcipelago Milano.
Puntualmente torna alla ribalta la questione dei debiti delle Aler, aziende lombarde edilizia residenziale, e in particolare di quella milanese sotto di 345 milioni di euro. Di conseguenza nelle istituzioni scattano da parte dei politici le più complesse proposte ingegneristiche per modificare gli assetti delle aziende. Giustamente si cerca di capire come si è giunti a tale disastro sociale ed economico che graverà sui cittadini, mai sui gestori, per poi ridursi a stiracchiare competenze, confini, presidenze, con l’organizzazione sottostante inalterata.
04vimercati05FBLe ragioni di questa mala gestione sono tantissime ma è opportuno sottolinearne una: un tale patrimonio non può essere gestito da aziende che tendono al gigantismo ma semmai al contrario è utile restringere al massimo i suoi campi di azione con una pluralità di amministrazioni locali che siano in grado di presidiare il territorio stando vicino ai cittadini dei quartieri popolari. Ridurre a cinque le aziende regionali è una pessima riforma. Non si controllano occupazioni abusive, morosità, racket, manutenzioni, servizi, se non c’è una presenza puntuale in queste zone sensibili e ad alto rischio che hanno componenti di degrado, conflitti, vandalismi, comportamenti borderline, emarginazione e povertà, tutto in capo ai Comuni non alle Regioni o alle Aler. Non si può certo ritornare a soluzioni di spartizione politica e di lottizzazione dei consigli di amministrazione come per tanti decenni è successo trattando le case popolari come un terreno di conquista elettorale con sanatorie infinite e maltrattando una importante questione urbana a scapito dell’efficienza, della buona economia e dell’offerta sociale; è ora di uscire dalla palude dell’emergenza continua con soluzioni razionali.
Il progetto che non si è mai voluto realizzare, per opportunismo e per mantenere lo stato esistente, consiste nell’abolizione delle Aler consegnando i patrimoni nella disponibilità dei Comuni che li devono gestire in proprio con un servizio in economia attraverso un settore dedicato. Né aziende speciali o partecipate che non funzionano, né nuovi amministratori, né privati visti gli infelici precedenti: gestione diretta a contatto con i cittadini, un patrimonio a bilancio, risparmi fiscali. Ai lavoratori delle Aler sia garantita la riassunzione nei comuni che ne avranno bisogno. Dei 1544 comuni lombardi circa un quarto ha sul proprio territorio insediamenti di case popolari e ne conoscono perfettamente problemi e bisogni. I piccoli comuni devono avere la facoltà di unirsi in consorzi. Nei pochi capoluoghi di provincia ove è più massiccia la presenza di abitazioni pubbliche sia anche possibile affidare alle circoscrizioni i compiti per la gestione ordinaria e di custodia sociale.
Le Regioni si sono allargate nell’interpretare il Titolo V della Costituzione andando oltre i compiti legislativi e invadendo quelli gestionali. Arretrino e consentano ai Comuni di decidere in proprio modalità di assegnazione degli alloggi, criteri, tetti economici, canoni, adeguandoli alle condizioni sociali delle famiglie e delle zone territoriali così diverse per esempio dalle Alpi al Po. Da padroni di casa i Comuni possono con buon senso valutare meglio le situazioni delle famiglie in difficoltà diversamente dalle Aziende reclinate sui conti. Le Regioni e lo Stato mettano a disposizione le risorse e controllino l’attuazione dei programmi: sarebbe già un risultato eccezionale se i cantieri rispettassero i tempi previsti di esecuzione dei lavori e i relativi costi preventivati sia per le nuove costruzioni che per la manutenzioni straordinarie.
Una proposta del genere sarà dichiarata irricevibile e cestinata dai Comuni che non vogliono, come dicono, “grattarsi una rogna”. Ma allora i Comuni che ci stanno a fare? Il patrimonio pubblico non è una criticità ma una risorsa. Lasciare in mano alle Regioni questa questione perché non è un servizio nobile è poco lodevole. Così l’edilizia pubblica rimarrà sempre un buco nero in cui buttare soldi senza ritorni di efficienza. I Comuni gestiscono servizi importanti e la casa è uno di questi beni comuni e possono introdurre maggiore trasparenza sia nei contratti di appalto che nelle spese delle abitazioni creando valorizzazione e consenso.
Serve innovare con coraggio: è l’inefficienza che non è popolare. Ridare credibilità alla politica si fa anche spezzando la logica dell’accentramento in megalomani strutture; puntando invece su gestioni decentrate e sulla responsabilità degli amministratori comunali è possibile ricostruire un tessuto sociale di servizi che risponda ai bisogni dei cittadini, risanando i conti nel tempo con equità, svolgendo attività di vigilanza a tutela degli inquilini, riqualificando e migliorando la vivibilità nei quartieri soprattutto periferici sotto l’unica regia dei Comuni.